Andrà a giudizio il 7 maggio A.R., il 35enne vastese accusato di essere responsabile di ricatti a luci rosse. La difesa ha ottenuto il rito abbreviato, che si svolge in camera di consiglio e, dunque, a porte chiuse, senza sentire le imbarazzanti testimonianze delle donne che accusano l’indagato di aver commesso due violenze sessuali e una tentata estorsione. Al termine dell’udienza, il giudice pronuncerà subito la sentenza. In caso di condanna, il giudizio abbreviato consente all’imputato di ottenere lo sconto di un terzo della pena.
Dal 28 novembre l’uomo è agli arresti domiciliari, ma ha ottenuto il permesso a recarsi al lavoro dalle 13.30 alle 22.30 nell’azienda della Val di Sangro di cui è dipendente.
Le indagini – Secondo i carabinieri della Compagnia di Vasto e la Procura, il 35enne avrebbe adescato delle ragazze, invitandole nella sua casa, legandole al letto (la tecnica del bondage, il sesso estremo), registrando il tutto con una webcam piazzata su un tavolino. I filmati sarebbero poi stati usati dall’indagato come arma di ricatto per costringere le donne a tornare nella sua abitazione e ripetere gli atti sessuali. Quattro ragazze hanno raccontato agli investigatori di aver subito queste pressanti richieste. La denuncia è stata formalizzata da una ventitreenne di Lanciano.
“Erano consenzienti”, è stata la posizione che la difesa ha sostenuto fin dal giorno dell’arresto.
La legatura – La legatura erotica è una forma di bondage giapponese, che si chiama shibari o kinbaku. In Italia la praticano centinaia di persone, che poi mettono in rete foto e filmati. Un mondo notturno su cui ha indagato di recente il giornalista Massimo Lugli, che lo ha descritto sulle colonne del quotidiano la Repubblica e nel libro Gioco perverso, a metà tra l’inchiesta e il romanzo. In alcuni casi, se spinta fino all’estremo, la legatura può essere molto pericolosa. Ha scioccato l’opinione pubblica la tragedia avvenuta a Roma nella notte tra il 9 e il 10 luglio 2011 quando, in un garage di via dei Settebagni, nei sotterranei del palazzo che ospita gli uffici dell’Agenzia delle entrate e dell’Enav, una ragazza di 23 anni è morta per asfissia e un’altra è finita in coma per alcuni giorni. Di quel gioco erotico sfociato terminato in disgrazia il Tribunale di Roma ha ritenuto colpevole un ingegnere di 44 anni, condannandolo a 4 anni e 8 mesi di carcere. Un caso limite finito su tutte le cronache nazionali ed estere.