Pochi treni, convogli sempre più scomodi e coincidenze che creano lunghe e pesanti attese. I pendolari si mobilitano perché non ce la fanno più a sopportare un servizio ferroviario che è sempre meno servizio e sempre più disservizio.
In marcia contro il taglio delle fermate e il declassamento degli scali ferroviari: sembra fatta apposta per la stazione di Vasto-San Salvo la protesta nazionale del 16 febbraio. I viaggiatori del Vastese aderiranno all’iniziativa. Lo annuncia Paolo Canci, inviando a ZonaLocale.it il documento con cui il Comitato italiano utenti delle ferrovie regionali lancia l’iniziativa.
Il documento – “16 febbraio 2013: un giorno di mobilitazione in tutte le stazioni d’Italia, una giornata per rilanciare le ferrovie (bene comune) su standard europei.
Il Ciufer (Comitato Italiano Utenti delle Ferrovie Regionali), un’associazione spontanea di cui fanno parte decine di Comitati di Pendolari del treno e molti cittadini, lancia una mobilitazione chiamata “Riprendiamoci il treno” che si svolgerà sabato 16 febbraio alle ore 10.
Tale manifestazione nasce dalle profonde trasformazioni che sta avendo il sistema ferroviario nazionale e che i promotori ritengono tradursi in un generale squilibrio nel diritto alla mobilità dei cittadini.
Si è scelto di privilegiare l’Alta Velocità concentrando ingentissime risorse su nuove linee (il cui costo unitario è risultato straordinariamente più elevato rispetto a quello di linee analoghe in altre nazioni europee) e su servizi destinati ad una componente di utenza limitata.
In effetti nell’ultimo decennio gli investimenti per servizi ordinari e regionali sono stati minimi, di contro ingentissimi quelli per l’alta velocità (rapporto 4:100), mentre il rapporto fra utenza (pendolari) sulla breve percorrenza e utenti del TAV (treno ad alta velocità) risulta del tutto inverso (2,9 milioni spostamenti locali giornalieri contro 300 mila spostamenti sulla lunga distanza).
Uno squilibrio fra domanda e offerta incredibile; peraltro lo squilibrio è multiplo e pesante sotto diversi punti di vista: il TAV favorisce le relazioni fra le metropoli d’Italia, spesso marginalizzando il resto del territorio; il TAV è fruibile solo dalle popolazioni del Nord Italia (si ferma infatti in Campania, con soluzione di continuità a Sud); il TAV presenta tariffe costose (accessibili solo a ceti a reddito medio-alto) e quindi è discriminante; il TAV non si integra con le reti regionali; il TAV non raggiunge le aree periferiche, collinari e montane.
La consapevole e scientifica destinazione di risorse sul TAV ha fatto il paio con una politica tesa all’abbandono delle reti esistenti e dei servizi ordinari a lunga percorrenza, regionali e delle ferrovie minori. Si è andato depauperando e degradando un patrimonio di infrastrutture, strutture e stazioni che era stato edificato in oltre un secolo e che aveva contribuito ad unire l’Italia, a favorire gli scambi di persone, culture, merci, a sviluppare intere aree del paese.
Dimentichi dell’energia, delle risorse umane e finanziarie, dei saperi e delle tecniche costruttive storiche espresse dall’ingegneria italiana, si è sacrificato tutto sull’altare del mercato e dei profitti, nella logica thatcheriana scellerata e perdente del privatizzare a tutti i costi.
Il comitato delinea quindi quali sono le azioni deleterie che hanno riguardato il sistema ferroviario:
• Manutenzioni ritardate o non eseguite, fino a rendere le linee impraticabili o spezzate in tronconi di scarsa utilità;
• Eliminazione dei binari di precedenza e d’incrocio, specie nelle stazioni di testa (c. d. Rete snella);
• Tagli di migliaia di km di linee (solo nell’ultimo anno sono state falcidiate decine di linee regionali in tutta la penisola);
• Cancellazione di migliaia di corse;
• Cancellazione dei treni a lunga percorrenza fra Nord e Sud del paese e treni notte;
• Autoservizi sostitutivi, spesso di qualità modesta, in parallelo;
• Coincidenze estremamente scomode;
• Invecchiamento del materiale rotabile, senza rinnovo o potenziamento adeguato;
• Peggioramento continuo dei servizi in termini di offerta e qualità (pulizia, servizi agli utenti, sicurezza);
• Orari mal concepiti, non coordinati, spesso modificati senza preavviso, sempre più frequenti soppressioni di corse.
Quindi non riuscendo le manifestazioni locali dei pendolari e dei cittadini, pur numerose e frequenti, a smuovere i vertici di governo si è scelto di organizzare le singole azioni ed attivare forme di rivendicazione più incisive chiamando a raccolta i movimenti diffusi sul territorio per dar loro una stessa voce ed attraverso iniziative di mobilitazione a scala nazionale.
La prima di queste iniziative prevede il presenziamento di tutte le stazioni d’Italia da parte dei sindaci, delle associazioni e dei singoli cittadini sensibili alla Vertenza, Sabato 16 febbraio 2013, non a caso una settimana prima della data delle elezioni politiche.
L’azione prevede di viaggiare su un treno regionale in giornata anche per un breve tragitto, in modo da riempire tutti i treni e le stazioni. Dibattiti, letture di poesie e brani di letteratura, distribuzione di volantini, discussioni sui temi della Vertenza avranno luogo in tutte le stazioni. Laddove i treni sono stati cancellati si farà una marcia a piedi simbolica lungo la ferrovia in adiacenza alle stazioni. Verrà, quindi chiesto ai politici candidati di firmare la vertenza.
All’iniziativa hanno aderito anche Legambiente e Italia Nostra. Altre associazioni e movimenti stanno ufficializzando la loro adesione”.