“Attendiamo che venga depositata la perizia del consulente tecnico d’ufficio nominato dal giudice. La avremo a breve, al massimo lunedì. La nostra è già stata depositata. Dice che Pagano non era capace d’intendere e di volere al momento in cui sono accaduti i fatti”. A svelare a ZonaLocale.it la linea difensiva è l’avvocato Fiorenzo Cieri che, insieme alla sua collega Clementina De Virgiliis, rappresenta Vito Pagano. Il 28enne sansalvese è in carcere a Vasto dal 14 agosto 2012, finito in cella a Torre Sinello a poche ore dalla notte in cui la 68enne Albina Paganelli è stata massacrata con 18 coltellate nella sua casa di via Fedro, a San Salvo.
La perizia della difesa è firmata da Vincenzo Vecchione, che a Campobasso è stato consulente nell’ambito del processo contro Angelo Izzo, il killer del Circeo.
Cristian D’Ovidio e Massimo Di Giannantonio, docenti dell’Università di Chieti sono i periti incaricati dagli avvocati Giovanni e Antonino Cerella, che rappresentano la famiglia Paganelli. La parte offesa, dal canto suo, non vuol sentir parlare di incapacità. Lo studio legale Cerella sostiene, infatti, la tesi opposta, quella dell’omicidio volontario: Pagano sarebbe entrato nella casa della Paganelli portando con sé il coltello, segno dell’intenzione di uccidere.
La delicata fase dell’incidente probatorio si concluderà il 29 gennaio con l’audizione dei periti dinanzi al gip. E’ Stefano Ferracuti, professore di psicologia clinica presso l’Università La Sapienza di Roma, il consulente tecnico d’ufficio scelto dalla Procura. I ctu nominati dal giudice per le indagini preliminari sono due: la psichiatra teramana Maria Cinapro e Vittorio Sconci, direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Aquila. La loro relazione sarà decisiva: sulla base di quel documento il magistrato deciderà se Vito Pagano era capace di intendere e di volere al momento in cui è entrato nella casa della donna. Le analisi del Ris di Roma hanno confermato la presenza di materiale biologico dell’indagato nella casa della vittima. Dal giudizio sulla capacità d’intendere e di volere deriva l’imputabilità del 28enne, accusato di omicidio volontario. Se fosse riconosciuto totalmente incapace, non potrebbe essere processato. Un’incapacità parziale potrebbe consentirgli di ottenere, ove fosse riconosciuto colpevole, un forte sconto di pena.