L’intero settore tessile della Val Sinello è in crisi profonda. Ora anche al Pantalonificio d’Abruzzo la parola d’ordine è riconversione. Nella speranza che vada meglio rispetto a quanto accaduto alla ex Golden Lady dove, come ha detto chiaramente Giuseppe Rucci, segretario provinciale della Filcte,-Cgil, “la riconversione è clamorosamente naufragata. Si ricomincia dall’inizio”.
Non va meglio al Pantalonificio, altra azienda storica del polo tessile di Gissi. Il gruppo Canali, tradizionalmente uno dei più prestigiosi nel mondo della moda maschile, a settembre aveva annunciato il licenziamento del 30% dei dipendenti, mentre a ottobre aveva deciso la chiusura dell’intero stabilimento. Il problema, oltre al calo generalizzato delle vendite che riguarda tutti i settori, è anche un altro: il pantalone elegante maschile è un articolo in caduta libera perché è cambiata la moda e, sempre più spesso, alla giacca viene abbinato il jeans, anche perché costa meno. Sono pochi, ormai, i clienti che comprano il vestito completo.
Uno spiraglio si è aperto il 3 dicembre scorso. Il gruppo di Triuggio (Monza) e i sindacati confederali hanno trovato un accorso sui contratti di solidarietà: lavorare meno, accettando una riduzione dello stipendio, ma lavorare tutti. Evitando di chiudere la fabbrica della Val Sinello nel giro di sei mesi per salvare i posti di lavoro degli stabilimenti principali, che si trovano al Nord Italia.
Ma, al di là della soluzione tampone, serve una via d’uscita definitiva per salvare gli 85 posti di lavoro di Gissi. Considerata la volontà del gruppo brianzolo di sopprimere la sede abruzzese, l’unica strada è quella della riconversione. L’azienda ha incaricato la Wollo, società di Torino che già si è occupata della crisi Golden Lady, di cercare acquirenti. Imprenditori intenzionati a rilevare l’industria e a riassorbire tutti i lavoratori.