“Mi fa veramente molto piacere che a distanza di quasi 20 anni e dopo 8 stagioni qualcuno dalle vostre parti si ricordi ancora di me. Ora vivo a Montesilvano, ma Vasto non la dimenticherò mai, lì ho trascorso gli anni più belli e importanti della mia carriera”. Esordisce così Giorgio Castorani, capitano e bandiera della Vastese, con cui ha giocato dalla stagione 1985/86 fino alla 1992/93, passando dalla Promozione alla Serie C, quando in panchina c’erano Rossi, Ammazzalorso, Giammarinaro e De Biasi.
Quando sei arrivato eri un ragazzo di 22 anni e nemmeno tu pensavi che saresti rimasto così tanto.
Arrivavo dal Lanciano, era il 1985, la squadra si chiamava Vasto 82, giocavamo in Interregionale, l’allenatore era Domenico Lamia Caputo, ex portiere biancorosso, ultimo anno della presidenza di Giovanni Bolognese. Insieme a me arrivò anche Fabrizio Paolucci, il campo all’epoca era ancora in terra battuta, finimmo sesti in campionato. Giocare lì era un piacere, ci sono venuto proprio perché mi piaceva quel campo e lo vedevo sempre pieno, l’estate prima nel Lanciano giocai contro e segnai, ero in prestito dal Francavilla, i dirigenti mi notarono e contattarono il mio direttore sportivo Rodomonti, mi voleva il presidente Bolognese. Lanciano o Vasto? Ho scelto Vasto ed è stato l’inizio di una lunga storia d’amore che dura ancora oggi.
L’anno successivo ti sei dovuto fermare a causa del servizio militare.
Feci pochissime presenze perché ero impegnato in caserma, vicino Lecce, ero anche tesserato per una squadra di quelle parti con cui feci delle partite in Interregionale, era permesso il doppio tesseramento, pensa quanto era diverso il calcio. Potevo anche giocare a Vasto, ma abbandonai presto l’idea, non riuscivo ad allenarmi, tornai l’anno dopo, la squadra era retrocessa in Promozione, era la Vastese di Tenaglia presidente e Bruno Taverna allenatore.
Nella stagione 1987/88 sei tornato a tempo pieno e nel frattempo la squadra aveva cambiato denominazione.
Era nata la Vastese, allenatore Renzo Rossi, presidente Gabriele Tumini, abbiamo vinto il campionato, arrivarono giocatori importanti, di categoria superiore, anche se da lì iniziarono i problemi, la società si svenò economicamente. Ricordo la lunga sfida con il Termoli, non ci credeva più nessuno dopo che alla terzultima giornata perdemmo in casa contro i molisani, l’ultima partita la giocammo in casa 8-0 contro il Miglianico, all’Aragona c’erano dieci persone, ma a sorpresa il Termoli perse in casa.
Qual è stata la stagione più bella?
Sicuramente 1989/90 con Ammazzalorso, quando vincemmo il campionato, ma anche l’anno dopo con Giammarinaro, non c’erano più soldi, arrivammo quarti dietro squadre come Chieti, Sambenedettese e Teramo, se ci fossero stati i play off saremmo sicuramente saliti, eravamo più forti. C’erano Scotini, Russo e il giovane Mario Lemme, venduto a Parma per 600 milioni. A proposito, perché lo hanno esonerato? C’è anche Vincenzo Menna nel Vasto Marina, quando giocavo io lui faceva la panchina…Di quegli anni non dimentico nemmeno quando il mister Amborgio Pelagalli, che arrivava da Milano, fu esonerato, fu un qualcosa di unico, il suo sostituto era Carlo Florimbi, ci allenammo con lui una settimana, nella quale ci ha massacrato, fino al sabato era con noi, poi al ristorante la domenica vedemmo Giammarinaro.
Chi è stato il più forte tra i tuoi compagni in biancorosso?
Carmelo Genovasi, nettamente di categoria superiore e ancora oggi non ho capito perché non abbia giocato in campionati più importanti. Era un talento mai esploso, di un altro livello, oltre al grande Vincenzo Fiorillo. Voglio ricordare anche Rossano Di Lello, il nostro sindacalista, mandato via perché in Interregionale non avevamo rimborsi spese, lui era uno dei pochi che si batteva per la squadra e per questo genere di cose.
C’era anche la combriccola di Tony il Calipso.
Come dimenticarla? Scotini, De Filippis, Gaeta, io avevo già famiglia uscivo poco dopo l’allenamento, loro invece erano spesso lì. Con Pino abbiamo giocato insieme anche a Ortona dopo Vasto, portando la squadra in D, poi ho smesso.
Hai contatti con gli ex compagni?
Purtroppo torno poco a Vasto, ho contatti con il mio amico Nicola D’Attilio che mi ha invitato al suo compleanno, ogni tanto ho visto Massimo Baiocco che allenava il settore giovanile, Luigi Baiocco, Massimo Vecchiotti. Per caso a Silvi ho incontrato anche il secondo di De Biasi, Igor Charalambopoulos, è stato piacevole, a quei tempi era il vice di De Canio al Napoli in Serie B. Comunque andavo d’accordo con tutti. Adesso vedo spesso Giuseppe Naccarella, perché vive a Pescara, come sapete allena l’Acqua&Sapone.
Con gli allenatori che rapporto hai avuto?
Giammarinaro lo ricordo sempre con affetto, mentre non ricordo positivamente De Biasi, perché è stato il primo a mettermi in panchina, ero il capitano, dopo tanti anni in squadra non ho accettato quella decisione. Non andavamo d’accordo, ricordo che la squadra pareggiò a Rimini, io ero fuori e la domenica successiva in casa contro il Montevarchi riconfermò la stessa formazione. Il pubblico fischiava e dopo 30 minuti eravamo sullo 0-0, fece scaldare me e Russo, ma entrai io nonostante avessimo bisogno di segnare, era evidente che non aveva la situazione sotto controllo. Fu un anno difficile io ci mettevo sempre la faccia, ero il capitano.
Qual è la partita che non dimenticherai mai?
Quella contro la Santegidiese, 29 aprile 1990, 1-1 gol di Paolucci, un pareggio che ci ha permesso di vincere il campionato. Oltre a quella con il Chieti, sempre molto sentita, finì 0-0, ma se ne parlò per tutta la settimana.
Perché sei andato via?
I soldi non c’erano, la società stava ridimensionando i programmi, era arrivato Salvioni, dopo tanti anni mi aspettavo un minimo di riconoscenza, invece mi proposero un contratto che non accettai e cambiai aria. Ero svincolato, non costavo nulla, eppure non mi arrivò nemmeno una richiesta, all’epoca come oggi, se non conosci, non hai amici, un buon procuratore non vai da nessuna parte. Poi alla fine giocai con l’Ortona, anche se mi voleva il Chieti in C1, ma la trattativa saltò. Meglio per la rivalità che avete voi con i neroverdi. Sono andato via a malincuore, vivevo in centro, la mia famiglia si era ambientata benissimo, anche mia moglie non ha mai avuto problemi, avevamo tutti i nostri negozi a portata di mano. Ricordo i fratelli Galiè che mi regalavano la carne, andavo a prendere la pizza da Romina e il pesce da Tonino.
Adesso di cosa ti occupi?
Lavoro in un’azienda meccanica da dieci anni, ho due gemelli e sono anche nonno. I miei due figli hanno fatto le giovanili nell’Angolana, ma solo Mattia, che milita nel Moscufo e ha giocato contro la Vastese, ha continuato, si diverte ed è stato molto felice di giocare all’Aragona. Fino allo scorso anno ho allenato gli allievi dell’Angolana, poi ho deciso di smettere con i ragazzi, mi piacerebbe fare un’esperienza con una prima squadra. Ho continuato a seguire anche la Pro Vasto, avevo contatti con Enrico Russo perché lavoravo per la Renato Curi e seguivo i giovani.
Se ti offrissero un incarico a Vasto accetteresti?
Sarei limitato per via del lavoro, ma se riuscissi a superare questo “ostacolo” perché no, sarei onorato di poter dare il mio contributo, magari anche al settore giovanile. Il problema è che a Vasto le strutture sono rimaste quelle di 20 anni fa, bisogna investire di più, non è stato fatto nulla a livello giovanile. Ogni tanto torno, sono venuto due anni fa per un torneo, abbiamo vinto un titolo regionale, voglio assolutamente venire a vedere una partita della Vastese, magari verso la fine del campionato, facciamo la cronaca insieme.
Cosa vuoi dire a Vasto e alla sue gente?
Sono contento di come è andata, non dimenticherò mai Vasto e la Vastese, la mia carriera si è svolta tutta lì, anche se è stata dura risalire c’è più soddisfazione nel farlo in questo modo. Sono arrivato che avevo 22 anni, me ne sono andato a 30, è stato brutto andare via così, ma non c’erano più i presupposti. A fine campionato pensavo di rimanere, ormai quella era la mia città, mi trovavo veramente bene e non volevo girare in altri posti. Mi volevano tutti bene, avevo tanti amici, mi sentivo a casa ormai, conservo un bellissimo ricordo. Con il senno di poi dico che sarei dovuto rimanere lì anche a vivere per sempre, non dovevo andarmene, non che a Montesilvano mi trovi male, ma dopo Vasto la mia carriera è finita, fai tanto, ma poi devi cambiare rotta. Saluto tutti con grande affetto e auguro alla squadra di tornare in alto, nel calcio che conta, è quello che merita. Vedere l’Aragona come è adesso dispiace, la crisi ha toccato anche le grandi squadre, ma devono tornare ad esserci 5.000 spettatori a partita. Faccio un in bocca al lupo a Massimo Vecchiotti, ha dei giovani bravi che conosco, come Di Santo e Piermattei e gente di esperienza, è un mix che può portare i risultati sperati. Un saluto anche al grande Peppe Soria, ma quanti anni ha? E’ eterno, abbiamo giocato insieme a Ortona, è un altro di quelli che secondo me poteva stare tranquillamente nelle categorie più importanti.
Sotto due video relativi a Vastese-Santegidiese 1-1, del 29 aprile 1990, a cura di Vastocalcio.