Continua la nostra inchiesta sui giovani vastesi e il mondo del lavoro con Fabrizio Della Gatta, 30 anni, ingegnere chimico che dal 2010 si trova a Dubai, dove lavora per la Saipem. Come tanti ragazzi anche per lui il percorso fuori dalla propria città è iniziato dopo la maturità.
La prima tappa è stata a Bologna per l’università.
Dopo il diploma sono andato a studiare ingegneria chimica. La scelta della facoltà rispecchiava quello che più mi era piaciuto fare durante il periodo del liceo, mentre la scelta della città era dettata sia dalla fama dell’università, sia dalla possibilità di poter fare un’esperienza in una città dinamica e piena di vita come era e credo sia ancora la Bologna universitaria. Staccare completamente dalla quotidianità della famiglia e degli amici e adattarsi ad una realtà molto diversa da Vasto all’inizio non è stato semplicissimo, ma dopo un po’ ci si costruisce una nuova vita, ci si abitua a fare qualche sacrificio e il periodo universitario è passato con un sacco di bei ricordi. Penso che fin qui sia una storia comune a tanti.
Cosa hai fatto dopo la laurea?
Per la tesi ho avuto l’opportunità di collaborare con quella che allora era la Snamprogetti (oggi Saipem dopo la fusione con la stessa) di San Donato Milanese, società di ingegneria, costruzione e installazione di impianti petroliferi, gas e petrolchimici di cui l’Eni è azionista di maggioranza. Nei cinque mesi passati in azienda per la tesi mi sono trovato molto bene con le persone del dipartimento con cui collaboravo e quando, una volta laureato, mi hanno dato l’opportunità di entrare a lavorare con loro, ho accettato senza pensarci due volte.
Di cosa ti occupi?
A distanza di 6 anni faccio ancora parte dello stesso dipartimento, ovvero quello di loss prevention e mi occupo di studi di rischio su persone, ambiente ed economico in fase di ingegneria di un impianto, oltreche di altre attività legate alla sicurezza di impianto, quali progettazione di impianti di rilevazione fuoco e gas tossico, classificazione aree elettriche e protezione delle apparecchiature in caso di incendio.
Quando hai iniziato a vivere all’estero?
La cosa che più è cambiata negli ultimi anni è la gestione dei progetti. Mentre una volta era quasi tutto gestito a livello di ufficio principale a San Donato, oggi molti di questi vengono delocalizzati in strutture disclocate in varie parti del mondo da dove è più facile essere in contatto con i clienti di una determinata area geografica. E’ così che nel 2009 ho avuto modo di passare sei mesi in Inghilterra per poi arrivare fino a Dubai negli Emirati Arabi, da circa un anno e mezzo.
Come ti trovi?
Essendo a livello di business uno degli snodi più importanti tra il mondo arabo e il resto del mondo, Dubai presenta un’enorme quantità di gente proveniente da tutti i paesi, è fortemente occidentalizzata e molto più aperta a livello culturale di quanto ci si possa aspettare da un paese arabo. Per fare esempi banali, vi si trovano chiese, si possono bere alcolici e mangiare maiale, purchè lo si faccia a certe regole e rispettando le abitudini locali. Inoltre è un posto dove gli sceicchi danno sfoggio delle loro “capacità”, quindi ci sono tantissimi alberghi di lusso, tante zone esclusive e tanta ostentazione di benessere. Mi trovo bene, anche se la vita all’aria aperta non esiste a causa del caldo e posti naturalisticamente belli come in Europa e in Italia non ci sono.
Quali difficoltà hai incontrato nel fare il tuo lavoro in un’altra nazione?
Essendo un lavoro in cui si ha molto a che fare con colleghi e personale di aziende terze, le difficoltà principali riguardano la comunicazione e non mi riferisco solo all’aspetto della lingua. Talvolta avere a che fare con culture diverse comporta dover capire anche come trasmettere nel modo giusto le priorità, problemi, preoccupazioni e tutto il resto a persone che hanno una cultura del lavoro differente dalla nostra o che hanno reazioni allo stress diverse da quelle che sono più comuni in un ambiente italiano.
E’ un’esperienza che consiglieresti?
Senza dubbio sì. Fare il proprio lavoro in contesti diversi è prima di tutto stimolante, permette di affrontare il lavoro da punti di vista differenti e di imparare ad affrontare problemi che magari in una normale situazione di lavoro nell’ufficio base non si verificherebbero. Quando si viene assunti da noi la prima cosa che mettono in chiaro da subito è che questo lavoro può portarti in posti molto distanti e poco piacevoli. Almeno per la seconda non posso dire che per adesso mi sia andata male.
La tua famiglia e gli affetti come vivono questa distanza?
La mia famiglia ha sempre accettato e sostenuto le mie scelte dal primo giorno che ho lasciato casa e mi è sempre stata vicino nei momenti difficili, mi considero molto fortunato da questo punto di vista. Con gli amici e la ragazza cerco di mantenermi in contatto il più possibile, (grazie alla santa tecnologia!) e spero non si dimentichino di me. Ogni volta che riesco a rientrare cerco almeno di riabbracciare tutti e trascorerre del tempo insieme.
Hai mai pensato un giorno di tornare a lavorare nella tua città?
Nel breve no, Vasto non offre nulla nel mio settore specifico e rientrare vorrebbe dire provare a mettersi in gioco in settori diversi, cosa che al momento non voglio fare. Anche se quando si fantastica con la mente, pensando a qualche anno più in là, un pensierino ce lo faccio sempre. Del resto mi sento sempre molto legato al mio territorio e sento ancora Vasto come la mia casa “originale”. Considerando le rotazioni che ho all’estero cerco di rientrare ogni tre mesi anche se adesso sono in un periodo critico del progetto e dovrei slittare più in là.
Cosa ti manca di più?
Di Vasto mi mancano la vita più a misura d’uomo e l’atmosfera familiare, da paese. Come uscire a fare una passeggiata e fermarti ogni 20 metri a salutare qualcuno che conosci, non è una cosa che avviene facilmente a Milano o a Dubai. Certo, mi si può contestare che una vita troppo tranquilla a lungo andare possa stancare, ma di tanto in tanto un po’ di tranquillità non guasta.
Che città hai trovato l’ultima volta che sei tornato?
A parte l’estetica, dove ogni volta vedo palazzi nuovi, Vasto non la trovo mai diversa. E’ vero che è facile parlare da fuori, ma mi piacerebbe vedere un maggiore spirito di valorizzazione, non solo per attrarre turisti, ma soprattutto per far vivere meglio gli stessi cittadini. E’ un peccato che i vastesi a volte siano i primi a non godere di un posto bello come il nostro per incuria, inciviltà o interessi personali.