Il fuoco come mezzo di vendetta. Tecnicamente gli investigatori la chiamano ritorsione personale. Uno screzio, un litigio. Questioni di cuore. Oppure i soldi. Un debito non saldato, a volte solo per mancanza di denaro.
E’ così che a Vasto le auto vengono date alle fiamme. Siamo lontani dal record negativo dell’inverno 2006-2007, quando in città e nella vicina San Salvo gli incendi dolosi superarono quota 20 in pochi mesi. Ma cresce il numero dei casi insoluti. Indagini non facili, visto che il fuoco non lascia traccia e le vittime in oltre il 90% dei casi dicono di non sapere nulla. Di non avere idea di chi possa essere stato. Con la videosorveglianza ferma per mancanza di soldi e scetticismo dei partiti, per le mani ignote che cospargono di benzina le macchine altrui l’impunità è quasi assicurata. Senza testimoni oculari, per polizia e carabinieri diventa difficile procedere. Rimangono irrisolti tutti i casi degli ultimi due anni. Compresi quelli del novembre nero appena iniziato: vetture date alle fiamme a Vasto Marina (sotto casa di una 37enne pugliese residente in viale Dalmazia) e in via Socrate (furgoncino e automobile di un commerciante di prodotti ittici).
La scorsa estate il prefetto di Chieti, Fulvio Rocco de Marinis, ha detto sì all’aumento degli organici delle forze di pubblica sicurezza e ala creazione di un nuovo presidio di polizia nel Vastese. E’ quello che in questi giorni di incendi e furti tornano a chiedere con forza le vittime dei reati e le associazioni che si occupano del problema sicurezza.