E’ arrivato quest’anno alla Bcc Vasto Basket, fortemente voluto da coach Di Salvatore, che lo ha allenato già in passato. Nelle prime uscite ha ben impressionato, facendosi notare per una precisione al tiro non abituale per cestisti con le sue caratteristiche fisiche. Biagio Sergio si candida ad essere uno dei protagonisti della stagione biancorossa.
Il vostro è stato un inizio entusiasmante, con 3 vittorie nelle prime 3 gare. Vi aspettavate un avvio del genere?
Le nostre impressioni all’esordio erano buone e abbiamo affrontato l’avvio di campionato con tanta fiducia. Del resto sappiamo quanto lavoriamo in palestra e già nelle amichevoli di preparazione avevamo dato prova di saper giocare a pallacanestro e di potercela giocare con tutti. Abbiamo iniziato benissimo e ci teniamo questo vantaggio per quelli che saranno gli obiettivi futuri.
Nel roster forse manca ancora un elemento per poter essere completi. Per voi questo è un limite?
Alla fine siamo partiti con questo organico, integrato da ragazzi del settore giovanile. A Trani eravamo decimati e abbiamo visto come è andata. Credo che il gruppo che abbiamo creato sia la nostra forza. L’avere una certa intesa in campo è fondamentale e ognuno è riuscito ad esprimere il meglio in queste tre partite.
Per “centimetri” dovresti essere il punto di riferimento offensivo, anche se la tua altezza non è quella così elevata di un lungo puro (ad esempio rispetto a Toth che c’era lo scorso anno).
Nella pallacanestro moderna, il centro, il 5, può essere un’arma in più o un’arma in meno, visto la dinamicità con cui si gioca. Avevamo già provato questo tipo di gioco con Di Salvatore a Campobasso, qualche anno fa. Non sono un 5 per eccellenza ma mi adatto. A me basta giocare.
Tiri molto bene rispetto alla media dei lunghi. E’ una dote innata o l’hai allenata?
L’ho allenata. Da piccolo ho iniziato a giocare impostato da centro, poi non sono cresciuto abbastanza e ho dovuto sviluppare altre caratteristiche. E’ frutto di allenamento, a dimostrazione che questo è uno sport di volontà. Quello che si allena poi lo si riesce a fare.
Hai già avuto modo di conoscere altre realtà. Vasto come ti sembra?
Senza voler fare falsi complimenti Vasto è uno dei posti più belli dove sono stato. Ho trovato un ambiente, bello, sano, pulito. L’avere già delle conoscenze mi ha aiutato ad inserirmi, oltre ai ragazzi della squadra che sono veramente molto calorosi, accoglienti. Visto l’inizio, qui si prospettano solo cose belle.
Una delle forze di questo campionato è Maddaloni, una realtà che ben conosci. Cosa ci dici?
Io sono di Maddaloni, sono nato lì e conosco tutti i giocatori, con alcuni ho condiviso anni della mia carriera. Sono una buona squadra, ostica, con giocatori di categoria superiore, difficili da affrontare. Il loro fattore campo si fa valere, vincere lì è una cosa complicata. Ma io penso che tutte le partite devono essere giocate, non c’è nessuna squadra in grado di ammazzare il campionato. Lo abbiamo dimostrato noi, che all’inizio eravamo dati per la squadra forse più morbida e invece si è rivelato il contrario.
Conosci bene anche coach Di Salvatore. Nell’ultima gara interna, per il modo in cui siete tornati in campo dopo l’intervallo si è avvertita la sua “mano”. Cosa vi ha detto negli spogliatoi?
Con lui le strigliate abbondano. Noi abbiamo la sua identità, abbiamo l’identità di una squadra che rispecchia sia il suo modus operandi sul parquet, ma anche fuori rimaniamo quella squadra umile che lui ha preso a inizio campionato. Credo che questa sia la strada giusta da percorrere e abbiamo bisogno di seguire sempre le sue direttive.
L’obiettivo dichiarato della società e ribadito da coach Di Salvatore è la salvezza. Tu vedi che ci siano delle prospettive di miglioramento nella squadra che possono portare ad altre ambizioni?
Il nostro inizio è stato importante, ma questo campionato è molto lungo. Le posizioni che si occupano magari nelle prima giornate possono contare fino a un certo punto. Certamente bisogna approfittare dei momenti e noi ora siamo in ascesa. Quindi mettere punti in cascina può essere importante per il prosieguo del nostro campionato. Di sicuro abbiamo un potenziale, così come altre squadre, inespresso. Ci vuole tempo per capire come sono fatte certe squadre. Noi accumuliamo punti ed esperienza, giochiamo partita per partita senza pensare a troppe cose. Poi è normale che l’appetito vien mangiando.
E a livello personale c’è qualche traguardo che ti sei posto?
Io ho sfiorato l’anno scorso la finale promozione e ho spesso giocato i playoff. Devo dire che biettivamente la vittoria di un campionato mi manca. So che bisogna lavorare tanto ma non mi precludo nulla. Gioco sempre per vincere, quante più vittorie vengono così migliorerà il mio umore, il mio stare in campo e tutto il resto.
Il pubblico sugli spalti è numeroso. Qualche volta si sente dire che al palazzetto si viene come a teatro. Tu che hai giocato in realtà “calde” avverti questa cosa?
Come si è spesso detto il basket è uno sport se vogliamo per “i salotti”. Di sicuro il paragone con altri sport non si può fare. Io credo però che l’entusiasmo arrivi pian piano. Ho visto le immagini dell’anno scorso, dove ho visto una grande partecipazione di un pubblico caloroso. L’importante è dare l’esempio con il nostro entusiasmo e fare avvicinare le persone a questo sport. Dobbiamo innanzitutto ispirare simpatia a chi viene a vedere le gare, creare un senso di spettacolo.
Nella prima squadra ci sono giocatori come Marinaro e Ierbs, frutti del vivaio e giovanissimi che pian piano si inseriscono. Quanto conta avere una buona componente locale che si aggiunge a chi viene da fuori?
Soprattutto per la direzione che si sta prendendo a livello nazionale, avere un tesoro in casa come quello dei giovani è fondamentale. Io sono cresciuto in una realtà dove in otto su dieci della squadra eravamo del posto. Ovviamente questo è un pregio per la società ma impone anche dei doveri per la persone che sono del posto. Portare addosso la maglia della propria città è sempre più pesante, chiede delle responsabilità in più rispetto a chi magari viene da fuori.