E’ un bollettino di guerra la situazione occupazionale nella Val Sinello. Mentre si avvia finalmente a conclusione il calvario vissuto dagli oltre 300 lavoratori della ex Golden Lady, che si sta progressivamente riconvertendo in due industrie dei settori tessile e calzaturiero, ora tocca al Pantalonificio d’Abruzzo.
Nell’incontro con i sindacalisti, i dirigenti del Gruppo Canali hanno parlato chiaro: meno di tre mesi di tempo per salvare lo stabilimento di Gissi e gli 85 posti di lavoro. “L’azienda ci ha comunicato che, qualora la produzione non raggiunga determinati livelli, la fabbrica sarà destinata a chiudere”, conferma Giuseppe Rucci, dipendente del Pantalonificio d’Abruzzo e segretario provinciale della Filctem-Cgil.
Il settore tessile, un tempo trainante nell’area produttiva della Val Sinello, ora arranca paurosamente. La crisi si abbatte impietosa anche su quelle industrie che realizzano prodotti di qualità.
“Abbiamo compiuto tutto il percorso di cassa integrazione, anche quella straordinaria. Ma ormai si è raschiato il barile. Restano le ultime settimane di cassa integrazione ordinaria. La scadenza è prevista a gennaio”, lancia l’allarme Rucci. Gli ammortizzatori sociali hanno consentito fino ad ora di scongiurare il licenziamento di 32 operai. Ma ora il rischio è per tutti.
Il 14 gennaio è la data in cui i macchinari verranno spenti per sempre. Lo ha comunicato la società ai rappresentanti dei lavoratori. A meno che non si trovi una soluzione in grado di rilanciare lo stabilimento: “Abbiamo chiesto – spiega Rucci – i contratti di solidarietà”, lavorare meno, accettando la riduzione dello stipendio, ma lavorare tutti. Una soluzione già sperimentata in altre aziende del Vastese, a partire dalla Pilkington di San Salvo che, con i suoi 1800 dipendenti, è la fabbrica più grande della zona.
Ma, avverte il leader provinciale della Filctem-Cgil, “la solidarietà non deve servire solo ad allungare di un anno l’agonia di questa fabbrica. I prossimi 12 mesi devono servire a trovare una soluzione. O riparte il mercato, oppure le strade da percorrere sono due: diversificare il prodotto, o iniziare un percorso di riconversione che conduca alla salvaguardia dei posti di lavoro. La Canali ci ha assicurato che non vuole delocalizzare all’estero. Vuole, invece, continuare a produrre in Italia. Non vorremmo, però, che si cominciasse a tagliare chiudendo per primo lo stabilimento più a Sud per tutelare le fabbriche delle Marche e della Lombardia”.
Dopo le assemblee di fabbrica dei giorni scorsi, si pensa al prossimo confronto con l’azienda. L’8 novembre alle ore 10 dirigenti e sindacalisti torneranno a confrontarsi nella sede di Confindustria Vasto, in corso Mazzini. Per cercare una via d’uscita dal tunnel.