L’accusato era capace di intendere e di volere quando è entrato nella casa della vittima? E’ attualmente pericoloso? Le sue condizioni di salute sono compatibili col regime carcerario? A queste domande dovranno dare risposta i sette esperti (tra consulenti tecnici d’ufficio nominati dalla magistratura e periti di parte) chiamati a partecipare all’incidente probatorio, tappa decisiva nelle indagini sull’omicidio di San Salvo.
Nelle prime ore del 14 agosto scorso Albina Paganelli, 68 anni, è stata massacrata a coltellate nella sua casa di via Fedro. Di quell’omicidio è indiziato Vito Pagano, 28 anni, sansalvese finito in carcere nella sera della vigilia di ferragosto al termine di una giornata di indagini compiute dai carabinieri e coordinate dai sostituti procuratori Giancarlo Ciani ed Enrica Medori.
Le analisi del Ris, reparto investigazioni scientifiche di Roma, hanno rivelato che Pagano era nella casa della Paganelli. Impronte e materiale biologico sono stati trovati sui reperti esaminati nei laboratori della capitale: un coltello da cucina con lama superiore ai dieci centimetri, due banconote (una da 50 euro, l’altra da 10) sporche di sangue come le scarpe dell’indiziato. “Ma in casa c’erano anche altre impronte. Incaricheremo un esperto di esaminare la relazione del Ris”, ha annunciato subito dopo essere venuta a conoscenza del responso Clementina De Virgiliis, che insieme al suo collega Fiorenzo Cieri compone il collegio difensivo di Pagano.
Capacità o incapacità? – Domani, 18 ottobre, accusa e difesa si troveranno davanti al crocevia in cui si determina la direzione che prenderà questa vicenda giudiziaria. Il giudice per le indagini preliminari, Stefania Izzi, ha fissato per le 12 e mezza in Tribunale l’incidente probatorio. Di fronte si ritroveranno, oltre che magistrati e avvocati, anche i periti che dovranno determinare se quella notte Pagano era capace d’intendere e di volere. “L’incapacità totale comporta la non imputabilità. In quel caso, il nostro assistito non potrebbe essere condannato”, ipotizza Cieri. “Se, invece, gli fosse riconosciuta l’incapacità parziale, allora potrebbe ottenere una forte riduzione della pena”.
Una tesi cui si oppongono gli avvocati Giovanni e Antonino Cerella, che rappresentano la parte civile: i familiari di Albina Paganelli, che si costituiranno in giudizio e, in caso di condanna, potranno chiedere anche il risarcimento del danno. “Secondo noi – sostengono i legali – Pagano non solo era capace di intendere e di volere, ma ha commesso un omicidio con l’aggravante della premeditazione, come dimostrano il fatto che si sia portato con sé un coltello e i suoi tentativi di depistare le indagini accusando altre persone”. L’aggravante della premeditazione può far scattare la pena massima. L’ergastolo. Ipotesi che la difesa, dal canto suo, respinge.
Rimangono indagati anche Gelu Chelmus, rumeno di 31 anni sottoposto a fermo la sera del 14 agosto e scarcerato alla mezzanotte del 15, e G.G., 35 anni, sansalvese, difeso dall’avvocato Marisa Berarducci. E’ stato Pagano a fare i nomi di entrambi durante gli interrogatori dei primi giorni dell’inchiesta. I legali di Chelmus, Giuseppe Piserchia e Andrea Chierchia, annunciano che “ci costituiremo parte civile riguardo all’accusa di calunnia che pende su Pagano”. La battaglia legale è lunga. Questo è solo l’inizio.