E’ il giorno del processo per Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia, la nave da 4mila persone affondata il 13 gennaio scorso dopo un drammatico schianto contro uno scoglio davanti all’isola del Giglio. Una tragedia costata la vita a 32 persone. Su quella nave lavorava anche un ufficiale vastese, Alessandro Di Lena, 29 anni, che all’ora dell’impatto, alle 21.42, non era in servizio, ma è uscito immediatamente dal suo ufficio e ha dato una mano a mettere in salvo tanti passeggeri.
Del disastro del Giglio è imputato il capitano di fregata Francesco Schettino, comandante della nave. Di recente ha impugnato il licenziamento comminatogli dalla Costa Crociere. Oggi è il giorno dell’incidente probatorio, che si svolge nel Teatro Moderno di Grosseto, davanti a un plotone di 126 avvocati e 500 persone complessive tra operatori legali e passeggeri che, dopo aver visto la morte in faccia, si sono costituiti parte civile per chiedere il risarcimento del danno.
L’esperienza di Di Lena – Nei giorni immediatamente successivi al naufragio, gli organi d’informazione nazionali hanno riportato ciò che Di Lena, che è nativo di Vasto e ha i familiari residenti in città, avrebbe raccontato riguardo a quella agghiacciante esperienza: “Il comandante Schettino – avrebbe detto – stava al telefono, immobile. Se avesse dato prima l’ordine, molti sarebbero ancora vivi. Noi gli chiedevamo: comandante, che si fa? E lui niente, rimaneva impalato. Stava al telefono e non parlava. Il tempo passava, lui era come paralizzato e noi non sapevamo cosa fare. Intanto le cose peggioravano. Per i primi quaranta minuti dall’impatto, la nave è rimasta in assetto. Avremmo potuto agevolmente calare le scialuppe con i passeggeri su entrambe le murate. Saremmo arrivati tutti a terra senza neanche bagnarci i piedi. Se avesse dato prima l’ordine di evacuare, molti sarebbero vivi”.