Chiederà il patteggiamento della pena la difesa di F.T., il bracconiere di 60 anni che ha confessato di essere stato lui a sparare a Gabriele Di Tullio. Il 30 luglio scorso il 54enne ex operaio della Sevel di Atessa è stato trovato morto sotto una pianta di olivo nella campagna di famiglia, in contrada San Pietro Sud, a Casalbordino, lungo una stradina interpoderale che si interseca con la statale 16 a circa 500 metri dall’area di servizio Portobello.
E’ morto per dissanguamento, ucciso da una fucilata. Questo il responso dell’autopsia eseguita nell’obitorio dell’ospedale San Pio da Pietrelcina di Vasto dal medico legale della Asl, Pietro Falco. Quel pallettone che ha trapassato il corpo di Gabriele, entrando dal gluteo e uscendo dall’inguine, è partito dal fucile del 60enne reo confesso. L’uomo forse ha scambiato Di Tullio per un cinghiale e ha sparato quando ha sentito il fruscio tra le piante di granturco. Terrorizzato dalla tragedia che aveva provocato e in preda al panico, F.T. è fuggito dal luogo del delitto ed è andato a Genova da alcuni parenti. Ma il 2 agosto è tornato a Casalbordino per costituirsi presso la caserma dei carabinieri. Nei suoi confronti è scattata la denuncia a piede libero.
La difesa – Le accuse formulate dal sostituto procuratore di Vasto, Giancarlo Ciani, sono due: omicidio colposo e omissione di soccorso. Gli sono stati sequestrati il fucile con cui ha sparato a Di Tullio, 1500 munizioni e due carabine. “Chiederemo il patteggiamento per il reato di omicidio colposo”, annuncia a ZonaLocale.it Giovanni Cerella, avvocato del cacciatore.
La difesa contesta l’ipotesi di omissione di soccorso e sostiene che quella sera di fine luglio il sessantenne abbia commesso solo “un eccesso colposo di legittima difesa”.