E’ uno dei personaggi “storici” della pallavolo vastese. Oggi, dopo alcuni anni di inattività, Giuseppe Del Fra, per tutti “Peppe”, torna a sedersi in panchina per guidare la Bts-San Gabriele, che disputerà il campionato di serie C.
Ricordi la prima volta in cui hai giocato a pallavolo?
E’ stato a scuola, al Liceo Scientifico con il professor Scopa. E’ nata subito una grande passione e con un gruppo di amici giocavamo per strada. Al contrario degli altri che giocavano a calcio, noi tiravamo le corde e giocavamo a pallavolo. E dal primo liceo non abbiamo più smesso, anche se le strade poi si sono divise, ma di quel gruppo tutti hanno continuato a giocare.
Dopo gli inizi a scuola hai fatto parte di alcune squadre.
Purtroppo Vasto è stata sempre problematica nella creazione di una squadra maschile. Ricordo che l’ultima esperienza di Vasto fu in serie C. Alla quarta di campionato non ci presentammo ad una trasferta e ricevemmo la penalizzazione. Alla partita successiva, in casa, non ci siamo presentati perché non riuscivamo ad arrivare al numero di persone per giocare e ci hanno radiati dal campionato. Questa è stata l’esperienza più brutta della mia carriera da giocatore. Poi, l’estate successiva, durante un torneo estivo incontrai il direttore sportivo del Montenero di Bisaccia, che aveva una buona tradizione, e mi propose di andare lì. Giocai lì per 4 anni, da riserva ma dando il mio contributo, vincendo due campionati. Ma imparai molto perché c’era un allenatore di Chieti che mi prese in simpatia e mi insegnò molto dal punto di vista dell’organizzazione, di come gestire gli atleti. Lo affiancai molto in questi compiti cercando di carpire i suoi segreti da allenatore. Poi ho avuto un’esperienza a Gissi, dove ci fu un allenatore bulgaro. Era una serie C ma si creò tanto entusiasmo perché eravamo una buona squadra, che sfiorò la promozione.
Il passaggio dal campo alla panchina arrivò per una serie di coincidenze.
La San Gabriele aveva un settore maschile, allenato da Paolo Zaccaria, che però fu chiamato ad insegnare a Treviso. La società si trovo spiazzata e fu Ettore Marcovecchio a fare il mio nome ed io accettai la proposta. Diedi con entusiasmo la mia disponibilità e trovai un gruppo giovane e con molti margini di miglioramento, in cui spiccava Gianluca Desiati che a quei livelli e per l’età che aveva, era un fenomeno. Vincemmo due campionati consecutivi, arrivando in B2, con una realtà che non aveva mai fatto pallavolo ad alti livelli. Poi ci fu quello che io chiamo “l’anno zero dello sport”, in cui tutte le società vastesi fallirono o si sciolsero. Era al termine del 1995/96 e toccò anche a noi.
Con i successi ottenuti alla guida della San Gabriele arrivarono poi altre chiamate.
Dopo uno stop di un anno fui chiamato a Paglieta in serie C per vincere il campionato. Ci riuscimmo quasi, fermati dal Pescara nell’ultima gara della finale playoff. Mi proposero poi di ripartire a Vasto, con un nuovo progetto. Però le visioni erano diverse e non riuscivo a gestire un gruppo di 30 ragazzi. A dicembre mollai. Ci fu un’altra esperienza a Vasto con dei ragazzi in serie C. Infine tornai a Paglieta in B1, campionato completamente professionistico, affrontando squadre davvero forti. Dopo questa esperienza poi mi scelsi di lasciare il volley per investire nell’attività di famiglia.
Fino ad oggi però hai continuato a frequentare il mondo della pallavolo.
Ho seguito molto ai margini, da appassionato. Credo che la passione così forte sia tornata grazie a mio figlio, che ha iniziato a giocare. Seguendo lui, tornando a respirare “l’aria” della palestra, le tensioni della partita, ho iniziato a rivivere quelle emozioni che mi hanno fatto tornare la voglia di allenare, di insegnare qualcosa ai ragazzi. Io sono convinto che l’allenatore possa insegnare qualcosa, oltre che tecnicamente, anche dal punto di vista formativo. Quello che mi è rimasto in tutti questi anni è il rapporto che si creato con i miei giocatori. Con tutti sono rimasto amico. Nel mio rapporto con loro al primo posto c’è il rispetto. Rispettare per essere rispettato.
Perché a Vasto la pallavolo maschile non riesce a decollare?
Me lo chiedo anch’io. Se pensiamo a quanti chilometri di spiaggia e quanti campi per l’attività estiva ci sono, il fatto che poi non si riesca a proseguire nell’indoor è strano. Credo sia dovuto al fatto che non c’è una grande tradizione a livello maschile e non ci sono settori giovanili importanti. Se poi ci mettiamo che il calcio ha sempre attirato, che il basket ha fatto sempre un buon lavoro, dai tempi della Pgs di Pasquale Granata e adesso è tornato a farlo in maniera importante al palazzetto, vediamo come i maschietti sono portati ad avvicinarsi sempre ad altri sport. Quelli che scelgono la pallavolo lo fanno o perché l’hanno praticata i genitori o per qualche strana coincidenza.
Torni ad allenare con un nuovo progetto, che coinvolge le due società di Vasto e San Salvo, con l’obiettivo di far ripartire il movimento maschile.
E’ vero, vogliamo ricreare un settore maschile e avvicinare tanti ragazzi a questo sport. Sarà dura perché mi rendo conto che dobbiamo cercare di percorrere la strada giusta, ed è difficile, soprattutto non avendo una società forte alle spalle su questo territorio. La Bts a San Salvo sta lavorando molto bene, Vasto avrebbe bisogno di persone che potessero dedicarsi a tempo pieno alla pallavolo. Solo così può nascere qualcosa.
Per il campionato ci vorrà ancora qualche settimana, ma hai già pensato alle emozioni della prima partita?
Se devo essere sincero ogni sera che vado in palestra è un’emozione diversa. Quello di cui ho paura è di essere rimasto fermo troppo tempo. Anche se ho sempre seguito le evoluzioni dello sport era sempre da “esterno”. In particolare mi preoccupo di come sono cambiati i ragazzi rispetto a 10 anni fa. Cerco sempre di capire se il mio approccio è quello giusto. Quello che voglio è che tutti quanti siano felici di venire in palestra e che tutti quando vanno via siano contenti di esserci stati.