I recenti terremoti che hanno colpito in diverse zone l’Italia portano inevitabilmente ad interrogarsi sulle conseguenze psicologiche di questi eventi disastrosi che mettono a durissima prova le nostre capacità di adattamento e la nostra salute psichica.
Gli eventi catastrofici causati dal terremoto provocano un trauma profondo per chi li vive, ma anche paura e sconcerto per le persone che non sono state coinvolte direttamente ma che assistono da casa a questi disastri.
Il trauma che un terremoto può creare ha degli effetti profondi sulla mente e sul comportamento, va a minare la certezza della vita stessa, la quotidianità non esiste più, fa provare forti sentimenti di impotenza e crea incertezza nel futuro. La parola greca “trauma” significa “ferita”, quindi una lesione determinata da una causa violenta che ha un forte impatto a livello sia fisico sia psichico.
Le crepe che si osservano sulle case, mostrano come si sente la persona colpita da questo evento, i crolli materiali possono essere paragonati ai crolli emotivi che la persona può subire. Ma se si possono quantificare i danni materiali della catastrofe, non possono invece essere misurate le conseguenze psicologiche perché l’elaborazione di un trauma così violento è un processo di complessità differente a seconda della persona colpita e delle perdite che ha subìto.
I rischi per la sfera psicologica sono legati all’insorgenza di vari sintomi, fino ad arrivare, nelle forme più gravi, a sviluppare un vero e proprio Disturbo Post-Traumatico da Stress (DSM-IV-TR). Questo disturbo è caratterizzato dalla presenza di una serie di sintomi che possono essere riassunti in:
– Presenza di una o più modalità in cui l’evento traumatico viene rivissuto (ricordi ricorrenti e intrusivi dell’evento, incubi notturni, flashback).
– Evitamento di pensieri, sentimenti o conversazioni riconducibili all’esperienza traumatica ed una ridotta recettività emotiva (stato di coscienza simile allo stordimento e alla confusione). C’è inoltre una riduzione della reattività verso il mondo esterno, una perdita dell’interesse o della partecipazione ad attività precedentemente piacevoli, una marcata riduzione della capacità di provare emozioni, una perdita di speranza relativamente al proprio futuro affettivo e lavorativo.
– Presenza di uno o più segni di iperattivazione del Sistema Nervoso Centrale, “Hyperarousal”, come insonnia, irritabilità e rabbia improvvisa, difficoltà di concentrazione e tensione generalizzata.
Per superare il trauma c’è bisogno del sostegno di un esperto che aiuti la persona ad esprimerlo ed elaborarlo in un contesto sicuro e protetto, che permetta di affrontare il dolore “dandogli voce” senza negarlo od ignorarlo ma diventandone consapevoli ed in grado di gestirlo.
Esattamente come si ricostruiscono gli edifici, le strade, i ponti distrutti, così bisognerebbe ricostruire le fratture subite dalle persone riempiendole con la speranza, la fiducia, la serenità. Sicuramente certe ferite lasceranno per sempre il segno ma dovranno essere mostrate con orgoglio per dimostrare che si può tornare a vivere anche dopo aver subìto un terremoto.
Gli eventi negativi della vita, oltre a portare con sé tanto dolore, devono diventare una forza misteriosa di crescita personale e di stimolo al miglioramento, con la scoperta di avere dentro di sé una capacità inaspettata di fronteggiare eventi anche molto critici.
I giapponesi hanno capito questo già secoli fa, infatti quando riparano un oggetto rotto, anziché nascondere le linee di frattura, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro, questa tecnica è chiamata “Kintsugi”, perché credono che quando qualcosa ha subìto una ferita ed ha una storia, diventa più bello!
Vorrei concludere con le parole di una “riparatrice kintsugi”:
“La vita è integrità e rottura insieme. La tua zuccheriera ora ha una storia ed è più bella. Il dolore ti insegna che sei viva, il solco che lascia deve essere valorizzato”.