Si toglie la vita a 24 anni, lasciandosi travolgere dal treno in transito.
Cronaca di una morte annunciata via web, passata attraverso le redazioni in modo quasi ‘grottesco’. La notizia ‘vera’ è il disagio del traffico, il resoconto della Polfer, i disagi dei treni e i tempi di attesa del ripristino alla ‘normale circolazione’…
Nel nostro Paese il suicidio è la seconda causa di morte tra i ragazzi dai 15 ai 25 anni, subito dopo gli incidenti stradali.
1000-1500 tentativi di suicidio all’anno, ma il dato è probabilmente sottostimato in quanto molti casi vengono “occultati” dalle famiglie, “non si conoscono i numeri precisi”, ha premesso lo psicologo Gustavo Pietropolli Charmet, uno dei principali conoscitori di adolescenti a livello mondiale, “ed i casi noti sono probabilmente risibili rispetto alla realtà in quanto molti episodi vengono tenuti nascosti a causa dell’alone di vergogna che li circonda”.
In un recente questionario anonimo distribuito tra gli adolescenti le risposte sono state allarmanti. In molti hanno pensato alla morte, a come procurarsela, per motivi diversi. I genitori, spesso sono portati a minimizzare ed a pensare che “sì, sono cose che accadono, ma ai miei figli no, non è possibile”.
In questo APPARIRE a tutti i costi, di essere felici in modo forzato anche attraverso l’uso e abuso di alcol, sostanze stupefacenti e ‘prodezze assurde’ a dimostrare sopratutto a chi è loro vicino che esistono e hanno bisogno di essere ascoltati.
In un tempo senza più tempo, dove la cronaca locale e nazionale, in onore della verità racconta di suicidi avvenuti diventati causa di traffico e disordini, dove l’accento viene posto sul corri-corri generale, sui ritardi e sulla burocrazia di risolvere velocemente un fatto ‘terribile’ come il sucidio e archiviarlo, il tempo di riflettere e pensare di rivedere qualcosa dov’è?
Senza saper dire di ‘no’, senza regole, senza sapere che proprio queste sono le basi per testimoniare ai figli l’importanza delle loro esistenze, confermando quanto sono preziosi. Il ‘tenere a loro’ nella logica di proteggerli e insegnare quel che conosciamo e quel che impareranno strada facendo. Perché per vivere ci vuole coraggio e tanta disperazione e solitudine per morire.
Islanda, caso unico in Europa
Tra il 1997 e il 2012 l’Islanda ha scelto di raddoppiare il numero degli adolescenti che praticava sport quattro volte a settimana e che trascorreva più tempo con i genitori. Di pari è scesa la percentuale di ragazzi che assumevano alcol e droghe. Non solo in Islanda, a onor del vero, ma tra i Paesi europei è stato l’unico con un dato così marcato. E nessuna altra nazione ha saputo sostituire alcol e sigarette con lo sport. Nel Regno Unito, ad esempio, sembra che i giovani siano meno schiavi delle dipendenze perché chiusi in casa a fare in conti con la realtà virtuale.
Anche le leggi sono state modificate: via le pubblicità di bevande alcoliche e fumo, e divieto di acquisto di sigarette per i minori di 18 anni e di alcol per i minori di 20 anni. Ma, soprattutto, l’introduzione di moltissime attività sportive e artistiche per permettere ai ragazzi di ‘fare gruppo’ e di ottenere quel senso di benessere psico-fisico che può dare una sostanza stupefacente. Tutti gli adolescenti furono inclusi nel programma, e per i meno facoltosi furono previsti degli incentivi statali.
E quando,nelle situazioni più disperate del ‘male di vivere’ potremo dire di aver fatto ‘tutto quello che era possibile’ allora, sapremo in coscienza di aver amato veramente.