Ti alzi dal letto e fai colazione, ti lavi e ti vesti, prendi le tue cose ed esci di casa per andare al lavoro. Accendi l’auto e fai sempre la stessa strada, poi alla sera fai spesa sempre nello stesso negozio. Anche nel fine settimana hai i tuoi rituali da compiere: sempre gli stessi, nello stesso ordine, alla stessa ora. Essere abitudinari può sembrare noioso e ripetitivo, eppure la routine è uno dei processi mentali che meglio ci permette di acquisire familiarità e velocità in alcuni compiti da svolgere.
Osserva i tuoi bambini piccoli (se non hai figli ti basterà ascoltare le lamentele di chi ne ha): la mattina ci vuole un’eternità per indossare le scarpe, per controllare che nello zaino ci sia tutto, per uscire di casa e per allacciare la cintura di sicurezza. Questo vuol dire che i bambini sono svogliati, o non sono capaci di fare cose così semplici? Tuttaltro: loro stanno ancora acquisendo quelle abitudini che tu già conosci da anni, ma la tua sensazione è che i tuoi figli siano pigri o abbiano solo voglia di farti perdere la pazienza. In realtà, ogni cosa che un bambino piccolo fa con il proprio corpo contribuisce a costruire la sua conoscenza e di se stesso e del mondo che lo circonda: quando il bambino comincia a fare le cose “in automatico”, cioè per abitudine, ha la padronanza del proprio corpo in relazione ad una determinata circostanza , ed è pronto ad acquisire una nuova abitudine.
La forza dell’abitudine può essere un’ottima alleata per gli adulti nell’apprendimento di una lingua straniera. Sono necessari 21 giorni perché il cervello umano acquisisca una nuova abitudine. Questo significa che se per 21 giorni consecutivi obbligherai te stesso a compiere sempre la stessa azione, alla stessa ora (anche controvoglia!), dal ventiduesimo giorno in poi quella stessa azione diventerà parte della tua routine quotidiana, e non ti sentirai più obbligato a compierla ma la compirai spontaneamente, probabilmente anche con piacere.
Oggi ti lancio una sfida: usa la forza dell’abitudine a tuo favore per imparare l’Inglese (o una qualsiasi altra lingua).
Se non ce l’hai già, procurati una copia in dvd del tuo film preferito.
Nota: Se la lingua originale del tuo film preferito non è l’Inglese, o se provi un’avversione profonda per Hollywood e tutto ciò che ne deriva, avrai più difficoltà. Fai una ricerca e trova un film che possa piacerti (la cui lingua originale sia l’Inglese, o quella che desideri apprendere); in ogni caso non rassegnarti a scegliere un film che non ti piace.
Ogni giorno, per 21 giorni, alla stessa ora, compi questo piccolo rituale: mettiti comodo, prepara il tuo snack preferito e guarda uno spezzone di 15 minuti (sempre lo stesso) del film che hai scelto, in Italiano. Poi guarda sempre lo stesso spezzone, questa volta selezionando la lingua “Inglese”, senza sottotitoli.
E’ fondamentale NON usare i sottotitoli per le ragioni spiegate nell’articolo precedente (clicca qui).
Mentre guardi lo spezzone del film in Inglese, non sforzarti di capire le singole parole: piuttosto rilassati e cerca di fare un ascolto passivo. D’altronde sai benissimo cosa sta succedendo in quella scena del film, perché l’hai appena guardata in Italiano. Con il passare dei giorni, ti accorgerai che avrai familiarizzato con alcuni suoni, con alcune parole della nuova lingua, che all’inizio passavano inosservate (o meglio inascoltate). Dopo un paio di settimane saprai cosa stanno per dire i personaggi, saprai che ad una determinata parola corrisponde una determinata azione. Congratulazioni: stai acquisendo una lingua proprio come la acquisiscono i neonati, osservando quello che gli altri fanno e ascoltando le parole che pronunciano mentre compiono quelle azioni.
Se per 21 giorni avrai resistito nel guardare sempre la stessa scena del film, con molta probabilità avrai voglia di continuare questo rituale e potrai “premiarti” guardando un nuovo spezzone, per altri 21 giorni.
L’apprendimento della lingua è un lavoro deduttivo: la parola “pappa” viene associata ripetutamente al momento dell’assunzione del cibo proprio perché la mamma ripete con dolcezza la stessa parola per mesi e anni, mentre il bambino mangia, fin quando il bimbo spontaneamente dirà “pappa” quando ha fame.
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