Come sta la nostra cara e vecchia scuola?
Abbiamo sentito parlare degli scioperi degli ultimi giorni, che hanno interessato gran parte d’Italia e a cui hanno aderito numerosi alunni e professori per opporsi alla riforma della “buona” scuola, varata dal governo. Quello che più preoccupa e spaventa i prof è, la cosiddetta, “chiamata individuale” che i presidi avranno il potere di fare, chiamando docenti che, a loro avviso, sono qualificati abbastanza per migliorare lo staff degli insegnanti. Siamo sicuri che queste scelte avverranno con obbiettività? Non è che, poi si scatena una sorta di gara fra le prof a chi ha la minigonna più corta per attirare l’attenzione del preside? O che s’inneschi un meccanismo di “ruffianismo” e di omertà? Quanti insegnanti avranno il coraggio di opporsi ad una decisione del preside se questo ha il potere di scegliere chi va e chi resta? Da quello che sembra, questo punto del Disegno di legge è stato rimodulato. Andando a leggere i dodici punti della riforma per la buona scuola, ci s’imbatte in quello secondo cui “dal 2016 si entra solo per concorso come previsto dalla Costituzione” nell’articolo 97.
Come ogni cosa, anche la riforma della buona scuola ha i suoi lati positivi a cui, forse, è stato dato troppo poco spazio.
I docenti, per esempio, dovranno seguire corsi d’aggiornamento obbligatori per ammodernare il metodo d’insegnamento, per rimanere al passo coi tempi e con le innumerevoli innovazioni tecnologiche. Saranno, inoltre, coinvolti nell’individuazione e nell’abolizione delle pratiche burocratiche che gravano sulla scuola attraverso la pubblicazione on-line delle valutazioni e del budget. Questo avverrà mediante l’installazione della banda larga e del WiFi e contribuirà a promuovere la trasparenza a livello amministrativo. Per quello che riguarda il piano didattico, invece, verranno aumentate le ore di educazione fisica, delle lingue straniere e d’informatica sin dalle scuole primarie.
Il Disegno di legge è lungimirante e sembra pensare anche all’inserimento lavorativo post-scuola mediante tirocinio e apprendistato, anche se, per ora, solo negli istituti tecnici e professionali. C’è di più. Il governo sembra voler risolvere anche il penoso stato economico della scuola. Quante volte abbiamo sentito di scuole con carenza di carta igienica, carta per fotocopie o gessetti?
La soluzione a questo problema serissimo sembra essere lo sponsor. Lo Stato vuole incoraggiare imprese, fondazioni o privati a sponsorizzare la scuola attraverso incentivi fiscali. Anche questo punto è stato ampiamente criticato. Siamo certi che ciò non creerà danni psicologici agli alunni, trovare un manifesto pubblicitario di una marca di scarpe affisso all’entrata della scuola? Forse si ha solo paura che, alla fine, il costo della scuola pubblica rimanga a gravare sulle spalle dei privati e che lo Stato se ne lavi completamente le mani.
Come si suol dire: ai posteri l’ardua sentenza. Non ci rimane che sperare che questa sia la scuola buona.