Un gatto nero vi ha recentemente attraversato la strada? Siete passati sotto una scala o vi è caduto del sale? Qualcuno vi ha fatto un complimento di recente e di conseguenza vi è venuto un tremendo mal di testa? Correte ai ripari; o, meglio, dalla zia anziana più vicina per farvi incantare il malocchio. Un po’ d’acqua inquinata da qualche goccia d’olio e una filastrocca recitata a bassa voce, è quello che vi serve per porre rimedio al malocchio o alla iella che vi perseguitano.
Ma parliamone razionalmente. Con quali mezzi un povero gatto nero potrebbe influenzare negativamente il nostro destino? Magari, siamo noi che possiamo fare la differenza sul suo, guidando troppo velocemente e investendolo. Come può un complimento, fatto in totale buona fede, causarci una spaventosa emicrania? Dovremmo essere contenti di riceverne qualcuno, se fatto con sincerità. Se dietro al complimento si nasconde l’invidia è tutta un’altra storia. Ma non dobbiamo avere troppa paura nemmeno di quella. L’invidia comune, anche se molto fastidiosa, non è, per fortuna, un’arma letale. Al massimo può danneggiare chi la prova, non chi ne è l’oggetto. Siamo sicuri, però, che le vere vittime siano gli “iellati” e non i presunti e ignari “iettatori”? Dire in giro che qualcuno porti sfortuna, può arrecare molto più danno di un semplice e innocuo complimento.
Le maldicenze passano di bocca in bocca e ognuno aggiunge un qualcosa di suo influenzando la comune opinione che la maggioranza ha sul diretto interessato. Qualche esempio d’invidia dannosa? Mia Martini. Tutti ne conoscono la storia e le conseguenze di quel “porta iella” sussurrato dalle malelingue. In casi come questi l’invidia diventa un’arma tagliente, perchè le parole, a volte, feriscono più dei gesti.
Ma di iella non parlano solo le malelingue. Ci sono libri interi sull’origine della sfortuna; ci sono veri e propri studi su di essa fatti nel corso dell’ottocento, i poeti latini (Marziale, Plinio e altri) ne parlavano nelle loro opere ed è persino presente nei musical. Nei “Tre Moschettieri”, romanzo di Alexandre Dumas portato in tv dal Quartetto Cetra, si può sentire il Cardinal Richelieu cantare: “non è poi tanto bella e porta pure iella”. La iettatrice in questione è la regina Mariantonietta, poi decapitata. Potremmo stare ore a discutere se fosse in effetti una iettatrice o una iellata, visto la fine che ha fatto. L’antropologo Erberto Petoia sostiene che “i ritrovamenti di amuleti e formule per incantesimi testimoniano che si credeva al malocchio già nella mesopotamia babilonese” e quindi la superstizione non risale a tempi recenti.
Forse le credenze come il malocchio e via dicendo sono strettamente legate al fatto che l’animo umano ha sempre bisogno di spiegare ciò che non capisce fino in fondo. I fedeli hanno Dio a cui attribuire colpe e meriti e i superstiziosi la iella e i vari capri espiatori. L’importante è non mischiare il sacro con il profano.