Andiamo ad incontrarlo in un pomeriggio di sole primaverile, che sembra quasi estate. Costanzo è già sulla Loggia, che lo fotografa mentre lui ignaro di tutto approfitta del calore dei raggi di sole. Al mio arrivo si accorge anche del fotografo che lo stava immortalando e dice: “Ero qui a prendere un po’ di sole, perchè ho un forte torcicollo. Ho visto lui che fotografava e non sapevo se spostarmi o meno”. E invece siamo qui per lui. Antonio D’Adamo, sangue vastese nelle vene, “ma sono nato a Pola, in Istria, perchè mio padre a 17 anni andò via da Vasto per arruolarsi in Marina, era il 1937. Suo padre lo voleva vedere agricolo nel podere che aveva comprato con i soldi guadagnati da emigrante in America”. E così parte la sua storia, in giro per l’Italia ma con un forte legame con la sua terra d’origine. Approfittiamo della bella giornata per chiacchierare un po’ prima di entrare nel suo studio. “Nel 1945 andammo via da Pola e per due anni ci fermammo a Vasto. Poi mio padre prese servizio a Pesaro e così fino a 17 anni sono stato lì”. Ogni anno, però, per la festa di San Michele, “tutti i figli di mio nonno e mia nonna, che venivano da via Anelli, si ritrovavano a Vasto. Arrivavo con il calesse dalla stazione e sentivo questi odori. Era il 51-52 ed era impressionante, perchè Vasto era indietro almeno di 30 anni rispetto a Pesaro”. Gli odori e le immagini di Vasto hanno segnato Antonio D’Adamo. “Via Anelli, con le galline che razzolavano in strada, gli asini attaccati alle porte, la luce che non c’era se non la sera quando il Comune accendeva i lampioni”. La passione per il disegno, la pittura, è qualcosa che arriva sin da piccolo. Una passione trasmessa dal padre, pittore autodidatta anche lui. Entriamo nello studio, un “basso” sulla Loggia Amblingh. Sopra la porta c’è una scritta, “Nuvola con me“. E’ una sorta di invito ad entrare, a dialogare con me, la parola nuvola che si scompone e diventa nu-“vola con me”.
Alle pareti ci sono i suoi lavori. Il meridione, i suoi ulivi, il mare, i personaggi. Una pittura che rapisce. Tanto blu, in tutte le sfumature. “Ma il blu di Prussia è il mio preferito”, il suo marchio di fabbrica. Ce n’è praticamente in ogni dipinto. “E’ un colore fantastico, è caldo. Non è come il celeste, che è freddo. Soltanto uno squilibrato come Van Gogh poteva preferire il blu di Prussia.”. Parte il primo scambio di idee fra il pittore e il fotografo. Poi si torna a raccontare.
La vita lo ha portato a Piacenza, dove ha messo su famiglia. Ma due anni fa il ritorno a Vasto. “Sono qui sperando di vivere una vita tranquilla, in piena salute, godendomi queste scogliere, facendo lunghe passeggiate con mia moglie”. Il racconto dei dipinti da parte dell’autore è sempre un processo affascinante, perchè cerca di trasmetterti l’emozione che lui ha provato quando ha trasposto i suoi pensieri sulla tela. Il suo “covo” è un luogo dove passano tante persone, “spesso interessantissime”, qualcuno saluta e passa oltre, qualcuno entra. Ognuno trasmette qualcosa ad Antonio. E’ una piacevole chiacchierata a tre, parlando di animo umano. Antonio e Costanzo raffigurano in diversi modi “l’animo umano“, anche se poi, tra un pittore e un fotografo, non può non partire un piacevole dibattito che affonda le radici nella storia. Vicino ai quadri ci sono dei pensieri. “Nello studio di Piacenza non c’era uno spazio libero. Chissà che non diventi così anche qui”. Sul tavolo ci sono dei disegni. La cattedrale di San Giuseppe, il Castello Caldoresco. “Li sto realizzando a china, una serie di immagini di Vasto che rifiuto di fare ad olio. Quindi poi passerò un leggero acquerello, più acqua che colore”. Vogliamo vederlo al lavoro. Antonio prende un foglio e con tratti veloci inizia a disegnare un ulivo, la pianta che ama di più, con le sue nodosità. Io ne resto affascinato, negato come sono per il disegno. L’ispirazione. “Può arrivare in diversi modi. Io lavoro anche quando non sto lavorando“. E così raccoglie tutto come una spugna, per poi farlo diventare un’opera d’arte. Costanzo fotografa le sue mani al lavoro. “Ma sono piene di reumatismi”, dice lui. Ci parla del figlio, che sta sviluppando la passione per la fotografia. “Lui è andato via da Piacenza prima di me, non si poteva restare lì”.
Parla del disegno con una semplicità che fa trasparire quanto lui ami ciò che fa. E che cerca di trasmettere ad altri. “Ho insegnato ad una decina di persone. Ora vediamo”. C’è sempre un sottofondo musicale, con diversi stili che passano. “Ascolto sempre un po’ di musica”. Gli faccio una domanda: “Cosa pensi di lasciare a questa città”. Lui, quasi sospirando. “Ah, niente. Io aspetto questa città se vuole. Io lo faccio per me, voglio star tranquillo. Ancora sono vulnerabile, perchè quando vedo questo degrado che c’è, la poca educazione, reagisco male”. C’è una cosa di cui va fiero. “Non essermi mai legato politicamente a nessuno, perchè ho poca considerazione per chi comanda”. Continuiamo a chiacchierare mentre lui finisce il disegno. In pochi minuti ha realizzato un bel disegno. E per una volta finisce che è lui a fare domande a noi. Un piacevole scambio di opinioni. Finiamo continuando ad ammirare i quadri e poi lo lasciamo lì, tra i suoi pennelli e i suoi colori. Dopo aver passato del tempo con Antonio D’Adamo, aver raccolto il suo invito nu-vola con me, lo lasciamo alla sua ispirazione, fatta di odori, suoni e colori. Affacciata sul meraviglioso golfo di Vasto, che ogni giorno gli appare diverso e più bello, sempre con un tocco dell’amato blu di Prussia.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo
Foto – Antonio D’Adamo e la sua bottega
foto di Costanzo D’Angelo – Occhi Magico