La rivelazione arriva dal professor Stefano Trinchese. Racconta cosa gli disse l’ex ministro Remo Gaspari “e poi non ripetè in pubblico, ma mi colpì” sull’assassinio di Aldo Moro: “Tutti sapevamo e nessuno potè fare niente”.
Ordinario di storia contemporanea all’Università d’Annunzio di Chieti-Pescara, Trinchese interviene alla cerimonia con cui il Comune di Vasto ha intitolato al grande statista la sala convegni che si trova all’ultimo piano degli ex palazzi scolastici di corso Nuova Italia, dove è ospite d’onore Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’Istruzione e deputato dal 1996 al 2018, autore del libro Moro. Il caso non è chiuso. La verità non è detta, scritto a quattro mani con Maria Antonietta Calabrò in occasione del quarantesimo anniversario dell’agguato di via Fani e dell’efferata uccisione del leader democristiano, il cui corpo esanime fu ritrovato, dopo 55 giorni di prigionia, in un’auto in via Caetani.
Taglio del nastro e i saluti del sindaco, Francesco Menna, e dell’assessore alla Cultura, Giuseppe Forte. Nel dibattito moderato dal giornalista Rai Mariano D’Amico, Fioroni anticipa alcune delle verità contenute nel libro e spiega il perché del delitto. I brigatisti “di Moro temevano le idee. Moro capisce la fine della Prima Repubblica e la capisce dalla flessione della partecipazione al voto. All’epoca, si cercava di avere il consenso della metà più uno degli aventi diritto al voto. L’esatto contrario di oggi. Oggi si dice: meno votano e meglio è. Moro non aveva in testa il compromesso storico, aveva l’ossessione del patto con gli italiani. La Dc con gli alleati e il Pci rappresentavano poco più o poco meno dell’80% degli italiani.
Oggi siamo una comunità avaloriale con l’idea che non si possa condividere un sistema di valori; ciò che piace a me è bene, ciò che piace agli altri è male. Il furbo contro l’altro furbo. Moro aveva concepito un progetto di rigenerazione democratica. Un minuto dopo la sua morte, si pensa alla politica, al dopo Moro. La Dc, col pentapartito, naviga a vista. Il Pci sceglie la linea del rigore, prendendo le distanze da coloro che hanno ucciso Moro. C’è un irrigidimento delle posizioni. Moro era scomodo a tutti per motivi di politica interna e politica estera”.
Ciò che è stato accertato dalla Commissione Moro ed è raccontato nel libro “non è una congettura, non è un’opinione. E’ una prova provata”, mentre ancora oggi “si continua a voler dare la verità di trent’anni fa”. Le responsabilità sono dentro i rappresentanti politici e delle istituzioni dell’epoca: “Se tutti avessere fatto il contrario di come si sono comportati – ammonisce Fioroni – forse lo Stato sarebbe stato in grado di intevenire. Ma allora i vertici erano iscritti alla P2, che era per l’alleanza atlantica” e contro il compromesso storico tra Dc e Pci. “Moro era scomodo, perché aveva una visione profetica. Aveva previsto prima di ogni altro quello che sta accadendo oggi”.
La sala – Dietro al tavolo dei relatori, campeggia l’opera realizzata dai ragazzi del liceo artistico Pantini-Pudente. A realizzarla sono stati quattro ragazzi della della 3^ A del liceo artistico Pantini-Pudente, Jasmine Conti, Antonio Carannante, Angela Iodice e Alessia Spatocco, sotto la supervisione della professoressa Angela Ruberto.
[mic_dx]Sono sei tele su cui i giovani artisti hanno dipinto il ritratto e il nome di Aldo Moro, la dea della Giustizia, il tricolore, le prime pagine dei giornali dell’epoca. La sala è stata rinnovata con l’installazione di un impianto di climatizzazione. All’ingresso, sono state applicate alle vetrate delle riproduzioni di foto d’epoca che ripercorrono la vita politica dello statista democristiano, date storiche per il Paese, fino al rapimento e all’assassinio. All’interno, alcune delle sue frasi celebri, a partire da: “Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta a essere coraggiosi”.