“Questo forse è l’unico paese dove alla Vigilia non si cena per conservare l’antica tradizione”. A Tufillo la sera prima del Natale si trascina la lunga farchia dalla chiesa di San Vito a quella di Santa Giusta attraversando l’antico borgo fortificato. Si tratta di una tradizione le cui origini risalgono alla notte dei tempi e si inquadra nella serie dei riti del fuoco comuni a diverse località della vallata del Trigno.
A differenza della ‘ndocciata di Agnone, delle farchie di Fraine [LEGGI] ecc., qui l’unicità sta nella preparazione – che inizia due giorni prima – di una sola farchia composta principalmente da legno di quercia. La parte posteriore – il pedale, che si dirama in tre parti– non viene bruciata nella notte di Natale, ma si conserva e riutilizzata per diversi anni fino a quando l’eccessiva usura ne rende necessaria la sostituzione.
A questa sono attaccate a incastro (per mezzo delle pacche, raccordi in legno) i rami e gli altri listelli che compongono la parte della farchia che arderà per due giorni; il tutto è tenuto insieme dalle vrevl (fascette metalliche) si conclude con la punta detta palo ferro. Da qualche anno esiste una versione ridotta della farchia portata dai bambini del paese.
L’obiettivo è arrivare davanti alla chiesa di Santa Giusta allo scoccare della mezzanotte, non un minuto meno, non uno in più. Particolarmente insidiose sono le piccole salite del percorso che mettono a dura prova i devoti (circa un ventina) ai quali gli abitanti della zona offrono vino per riscaldarsi e a mò di carburante. Una volta davanti la chiesa, la farchia viene accesa e il parroco don Rino Ronzitti la benedice prima di celebrare la messa della notte di Natale all’interno.
I partecipanti ricordano con un pizzico di malinconia le edizioni più lontane, quando la farchia era molto più lunga e la lenta combustione durava più giorni (quella di ieri sera misurava una decina di metri). “Non troppi anni fa ne fu realizzata una più lunga del campanile. Oggi la partecipazione è minore purtroppo”, spiega Nino Berardini, tra i volontari storici.
La volonta degli irriducibili resta però la stessa: conservare ancora a lungo la tradizione e tramandarla alle generazioni successive quale particolarità distintiva del Natale tufillese.