A lanciare l’allarme è il professor Francesco Stoppa, ordinario di geochimica e vulcanologia all’Università D’Annunzio di Chieti: perforare il mare antistante la costa abruzzese può aumentare il rischio sismico. Lo studioso di movimenti tellurici lo ha affermato, proiettando studi e cartine nella pinacoteca di Palazzo D’Avalos, dove è intervenuto ieri pomeriggio al dibattito pubblico organizzato dal Comune di Vasto sul tema Abruzzo, da cuore verde d’Europa a distretto petrolifero.
Anche nel mare vastese “i giacimenti corrispondono alla linea dei terremoti compressivi. Stiamo installando impianti pericolosi in una zona sismica. E questo – afferma l’esperto – vuol dire pericolo multiplo. Immaginate cosa potrebbe succedere in caso di disastro petrolchimico durante un terremoto. Con i vigili del fuoco impegnati a soccorrere la popolazione, non si potrebbero nemmeno spegnere gli incendi” causati dalla fuoriuscita e dalla combustione del petrolio. Il rischio è “un maremoto da tre metri di altezza a crescere, con magnitudo 4. Ricordo che lo tsunami raggiunge magnitudo 5. Più che dati geologici, questi sono dati storici”.
Esiste “un prisma fangono al largo delle nostre coste”, dove si sono verificati “negli anni Settanta e Ottanta piccoli tsunami che hanno travolto alcuni bagnanti”.
Foto – L’esperto: "Con tanti pozzi di petrolio in mare aumenta il rischio terremoti"
La perforazione dei fondali marini in un’area sismica come quella antistante la costa abruzzese accresce il rischio di terremoti e tsunami. Lo ha affermato il professor Francesco Stoppa, ordinario di geochimica e vulcanologia all’Università D’Annunzio di Chieti, intervendo ieri a Palazzo D’Avalos al dibattito pubblico sulla petrolizzazione dell’Adriatico.