Una storia che affonda le radici nel tempo, quella dell’azienda vastese Jasci & Marchesani. Al Vinitaly di Verona sono tanti i visitatori che si fermano presso lo stand dell’azienda per assaggiare i prodotti d’eccellenza che nello scorso 2012 hanno ottenuto prestigiosi riconoscimenti. Ad accoglierli c’è Nicola Jasci, che insieme al fratello Ludovico ha raccolto un’eredità importante dal padre e dal nonno.
Quando nasce la vostra azienda?
E’ sorta nel 1960, ad opera dei mie genitori, Sebastiano Jasci e Lucia Marchesani. E proprio dall’unione dei loro cognomi è nato il nome dell’azienda. Ma i miei nonni già facevano vino. I miei hanno continuato il loro percorso, sempre dediti alla campagna. Dopo l’apertura della cantina hanno iniziato a fare i primi esperimenti a livello importante. Poi siamo arrivati al biologico. Già nel 1978 mio padre iniziò le prime esperienze con l’agricoltura biologica e l’azienda ottenne la prima certificazione biologica negli anni ’80. Quando fu fondata la prima associazione di controllo noi eravamo pronti e abbiamo avuto l’iscrizione a questo organismo. Da allora, fino ad oggi, non è cambiato nulla a livello aziendale. L’unica differenza è che stiamo portando nella nostra cantina le moderne tecnologie che permettono di ridurre al minimo gli impatti ambientali. Questo perché siamo sempre molto attenti al clima, all’ambiente, a cercare di inquinare sempre meno e quindi utilizziamo delle tecnologie sempre più all’avanguardia ma cercando di rispettare sempre le antiche tradizioni dal punto di vista enologico.
Lei rappresenta la generazione che guiderà Jasci & Marchesani nel futuro. Come si abbinano la volontà di portare avanti l’attività di famiglia con le proprie passioni?
Il mio è stato un modo naturale di approcciarmi all’agricoltura e all’enologia, una passione che mi ha trasmesso mio padre e amo tantissimo. Il mondo enologico è la mia casa. Anche in queste manifestazioni c’è un bel rapporto con tutti e viene molto naturale. La passione è anche quella di ricercare la qualità del prodotto. Penso che la passione sia il primo ingrediente nella ricetta per fare un buon vino. E così riusciamo a fare dei prodotti importanti che oggi sono premiati a livello internazionale. Quest’anno soprattutto abbiamo ricevuto numerosi riconoscimenti, come il miglior vino rosso italiano da Luca Maroni, o l’Espresso che ci ha premiato nella sua guida per il rapporto qualità-prezzo e su alcuni bianchi come i migliori bianchi regionali. Sono belle soddisfazioni per tutta la famiglia che collabora nella realizzazione di ogni singola bottiglia.
Com’è composta la vostra produzione?
I vini principali sono Montepulciano, Trebbiano e Pecorino, che sono gli autoctoni che portiamo avanti da sempre e a cui teniamo di più, perché crediamo sia importante portare visibilità all’estero di un prodotto locale. Sul Montepulciano abbiamo 4 tipologie, da quello base a un barricato, e un cru di Montepulciano, lo Janù. Il nome è dato dal nome dialettale di mio padre, quindi è quello a cui tengo di più, sia a livello affettivo che come qualità di prodotto. Lo Janù è il nostro prodotto di punta.
Un prodotto di punta come si confronta con quelli di altre zone, che magari godono di maggiore attenzione a livello nazionale e internazionale?
Fortunatamente la natura è molto particolare. Ogni annata e ogni zona sono differenti le une dall’altra, quindi la tipologia di prodotto si contraddistingue. Abbiamo la fortuna di avere una terra che ci aiuta tantissimo a realizzare un prodotto unico. E questo ci fa differenziare da tutti gli altri prodotti in commercio. Il Montepulciano ha delle caratteristiche ben precise, una buona struttura, un buon colore. All’estero richiedono dei prodotti molto strutturati, si va ricercare sempre un prodotto molto particolare, molto forte. Noi ci differenziamo su questo vino, rispetto ad altri Montepulciano, per il doppio passaggio in barrique. Il prodotto è fatto con un taglio 85% Montepulciano e 15% Cabernet Sauvignon e resta per 8 mesi in una barrique nuova, poi viene tolto e rimesso per altri 8 mesi in un’altra barrique nuova. Successivamente il vino passa in bottiglia, dove staziona per minimo 6 mesi – 1 anno e fa un lungo affinamento. Cerchiamo di rendere unico questo prodotto che è il nostro fiore all’occhiello.
Siete un’azienda che ha fatto del biologico la sua caratteristica più importante. Quanta fatica si fa nel portare avanti una coltivazione di questo tipo?
La fatica è fisica e psicologica. Lavorare sul biologico vuol dire stare sempre attenti alle condizioni meteo, stare sempre nel vigneto a controllare se è tutto a posto, se ci sono delle malattie funginee che iniziano a svilupparsi. E’ un lavoro assiduo e costante da fare in vigneto, perché l’80% del prodotto biologico viene fatto in campagna. Se hai un prodotto sano in campagna ottieni un ottimo prodotto in cantina. Per avere un prodotto più sano possibile c’è il lavoro mio, di mio padre, di mio fratello. Tutti i giorni andiamo a controllare che sia tutto a posto, teniamo sotto controllo la situazione meteo con delle centraline posizionate sui nostri appezzamenti. Quindi i trattamenti vengono fatti nel momento giusto, evitando di sprecare prodotti e dare prodotti inutili. L’intervento con il prodotto fitosanitario, che può essere zolfo e rame, che si sono utilizzati da sempre in viticultura, non viene fatto a cadenza settimanale ma al bisogno. Ci aiuta a tenere sempre il vigneto in condizioni ottime.
A quali mercati vi rivolgete?
Attualmente i nostri vini sono per l’80% sul mercato estero. Negli ultimi anni ci stiamo sviluppando sempre di più verso l’Asia e il Brasile, che sono sempre all’avanguardia nel settore vino. Dall’America, al Giappone abbiamo una buona diffusione del nostro prodotto. Ed è sempre una bella soddisfazione andare all’estero e trovare una bottiglia del proprio prodotto esposta in un punto vendita, in un ristorante. L’Italia è la nostra patria e la continueremo a curarla. Fortunatamente negli ultimi anni si sta sentendo sempre di più l’esigenza di un prodotto biologico e quindi la nostra fortuna è quella di essere leader nel biologico, lo abbiamo sempre fatto, quindi ci riconoscono questa peculiarità. Veniamo sempre contattati, anche nel mercato italiano e piano piano stiamo avendo sempre più diffusione.
Quanto può dare all’azienda la partecipazione a manifestazioni come il Vinitaly?
Sono vetrine internazionali importantissime, perché oggi stiamo vendendo un prodotto che non è molto diffuso in tutto il mondo, deve essere conosciuto. Dobbiamo presentarci agli occhi di tutti e farlo vedere, in primis. In seconda battuta dobbiamo farlo assaggiare, perché è vero che una bottiglia può essere bella, ma il contenuto soprattutto deve valere. E qui abbiamo la possibilità di farlo, in una delle vetrine più importanti per chi fa produzione di vino ed olio. Questa ed altre manifestazioni in Italia e all’estero sono molto importanti.
Jasci & Marchesani ha avviato un’efficace rapporto di collaborazione con Luca Maroni, uno dei massimi esponenti in campo enologico. Quanto sta dando la sua presenza alla crescita dell’azienda?
Attualmente lui è un nostro riferimento, ci aiuta tantissimo nell’elaborazione dei vini a livello organolettico. Con la sua consulenza su alcuni vini negli anni stiamo raggiungendo ottimi risultati, anche perché è molto preparato, è una delle persone più valide a livello enologico. E’ molto scrupoloso, attento. Prima di stabilire se un prodotto è a posto lo assaggia almeno 20 volte. Oggi le guide e le riviste sul vino si basano su una sola bottiglia che gli viene inviata. Invece lui non ammette che una bottiglia sia sinonimo di qualità di prodotto, ma questa qualità deve essere ripetuta 10-20 volte, prima di poter dire se un prodotto è buono. Poi c’è il nostro enologo, Vittorio Festa, molto preparato anche lui. Nicola Razzi si sta impegnando per la parte di consulenza tecnicasull’imbottigliamento. Quindi vediamo che ogni partita di prodotto viene assaggiata da più persone e dalla nostra famiglia. Alla fine siamo noi che per primi assaggiamo i prodotti. Prima deve piacere a noi, poi vendiamo un prodotto che riteniamo valido.
Come vive la sua famiglia a livello emozionale ogni tappa raggiunta dall’azienda?
Per noi è un’emozione quasi unica ogni volta che esce una nuova annata. E ancor di più quando finisce una nuova annata, perché vuol dire che il prodotto è stato apprezzato. Tirare fuori un nuovo prodotto significa fare anni di lavoro, impiantare un vigneto, aspettare 3 anni che arrivi in produzione, coltivarlo tutti i giorni, assisterlo come se fosse un bambino. Adesso stiamo lavorando su un nuovo progetto: la spumantizzazione di un vino Abruzzo Pecorino superiore. Sarà il primo biologico come spumante. Avremo i primi risultati tra 12 mesi, visto che faremo un metodo classico, ma il prodotto di partenza è estremamente valido quindi promette bene.
Informazione pubblicitaria
Foto – Azienda Agricola Jasci & Marchesani
Azienda Agricola Jasci & Marchesani.