C’è silenzio nella salita verso Rigopiano. Nel luogo di partenza della marcia si arriva un po’ alla volta, sempre in silenzio. C’è chi ha un mazzo di fiori, chi una foto. Ci sono i familiari, gli amici della 29 persone che due mesi fa, il 18 gennaio 2017, hanno perso la vita nell’hotel travolto dalla valanga. E ci sono anche tanti cittadini che con la loro presenza vogliono far sentire l’affetto a chi sta ancora vivendo momenti duri, segnati dal dolore. Si parte e i volontari della Croce Rossa e della protezione civile distribuiscono fiori bianchi a tutti i partecipanti. In testa al corteo c’è il gonfalone di Farindola, poi i sindaci e gli amministratori in fascia tricolore. È ancora giorno ma la luce delle fiaccole ha una forza evocativa che fa riflettere. Nell’ascesa verso Rigopiano le oltre 300 persone pregano e cantano, si commuovono, piangono lacrime silenziose. Ad attendere il corteo c’è una struttura di legno con tutti i nomi delle vittime.
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Una fiaccola per ognuno di loro e poi tanti fiori, i fiori bianchi come la neve che li ha travolti. “Un muro di neve, il fuoco del nostro amore”, è la scritta che accompagna questa sorta di memoriale della tragedia. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, ha lo sguardo del padre buono. Ha salutato tutti con affetto, ha camminato con loro, ha pregato e nella sua omelia cerca di lenire il dolore con le sue parole di speranza e affidandosi a Dio. C’è anche Giampaolo Matrone, seduto in prima fila, il volto teso, lo sguardo fisso verso la montagna. Lui è uno dei sopravvissuti ma ha perso la fidanzata Valentina.
Terminata la celebrazione ai familiari viene accordato il permesso di arrivare fino a quel che resta dell’hotel per pregare ancora, per deporre un fiore. Si procede a gruppi, Mario Tinari è tra i primi a percorrere quel tratto di strada circondato dalla devastazione. Con lui e suo fratello c’è anche Golia, il cucciolo di pastore abruzzese estratto vivo dalle macerie e che la famiglia Tinari ha deciso di adottare per tenere fede ad una promessa fatta a Jessica. Si fa sera ed è il momento di fare ritorno a casa. Negli occhi restano impresse le immagini di quella struttura accartocciata, dei tronchi spezzati e portati via dalla valanga, di oggetti trascinati a centinaia di metri di distanza. Nel cuore c’è tanto dolore, un dolore che il trascorrere del tempo non fa diminuire ma rende sempre più duro da sopportare.