Prima non si conoscevano, oggi tra loro si è stabilito un forte legame. Lucia Valori, avvocato di Casalbordino e Lidia Carlucci, vastese laureata in scienze politiche, hanno vissuto insieme un’esperienza di volontariato a Meknes, in Marocco, con l’aiuto dell’associazione One For You One For Me di Vasto.
La permanenza di Lucia è durata una settimana, quella di Lidia due, nel periodo estivo, dalla metà di agosto in poi. “Ne sono venuta a conoscenza su internet – dice Lucia – sapevo che c’erano delle possibilità per fare queste esperienza, poi ho visto il sito dell’associazione e ho contattato Paolo Guidone, vicepresidente di One For You One For Me”. L’associazione voleva permettere di fare volontariato all’estero a condizioni agevolate, senza avere, come spesso capita, troppe esperienze pregresse e che fosse anche utile ad abbattere i pregiudizi.
“Prima di finire la tesi pensavo che mi sarebbe piaciuto molto fare un’esperienza all’estero – dice Lidia – tanti progetti sono inaccessibili, anche economicamente, poi tramite Sara, un’amica che fa parte dell’associazione, sono venuta a conoscenza del progetto di volontariato in Marocco, così mi sono proposta. I costi? Pochi, l’euro è una moneta forte, il costo della vita è basso e avevamo vitto e alloggio garantiti, la sera eravamo ospiti dei frati missionari. Inoltre dipende da dove vai, ma ormai i biglietti aerei si trovano a prezzi ragionevoli, soprattutto se ci si organizza in anticipo”.
Tra le due Lucia aveva già alle spalle un’altra esperienza missionaria in Bolivia: “Quella era diversa, questa era a metà strada, mi attirava molto, poi il Marocco lo conosco bene, ci ero già stata cinque volte prima, sempre come turista, adesso volevo vederlo anche sotto un’altra ottica”.
Per Lidia invece si è trattata della prima fuori dall’Italia. “Ho scelto questa anche perché c’era un contatto diretto con l’associazione in caso di dubbi e problemi, è anche un modo per essere più sicuri. A volte ti chiedono di avere già esperienza, ed è un limite. Inoltre preferivo una via di mezzo tra il laico e il religioso”. Come ci si prepara prima di partire? “Si fanno dei percorsi formativi con altri volontari a Roma, ma per vari motivi non abbiamo potuto partecipare, ci ha dato una mano Paolo che ci ha riferito tutto”. E una volta arrivate? “Abbiamo trovato volontari che arrivavano da altre zone d’Italia, vivevamo in una casa messa a disposizione dai frati francescani, nella zona più antica della città, vicino al centro di formazione linguistica S. Antonio, struttura che si occupa della formazione culturale”.
“La popolazione – spiega Lucia – è al 99% islamica, i religiosi si occupano della formazione e aiutano i detenuti. Frate Pietro Pagliarini è un 50enne che si occupa dell’evangelizzazione. Un personaggio davvero unico, non è semplice fare quello che fa lui in quel contesto”.
Lidia racconta come si svolgeva la giornata tipo: “Tutte le mattine andavamo in orfanotrofio, all’ultimo piano dell’ospedale, gestito dalla fondazione Rita Zniber, facevamo attività ludico ricreative divisi in fasce, aiutavamo anche il personale nelle poppate, i bambini erano tantissimi, è stato davvero molto toccante. Poi si passava nel reparto dei normodotati, orfani con disabilità fisiche è mentali, è stata la parte più dura. Ogni tanto abbiamo fatto anche qualche escursione. I limiti? Sono rappresentati dalla carenza di acqua e dalla lingua, parlano solo arabo, soprattutto con i disabili comunicare quello che volevamo era molto difficile. In più a volte facevo fatica perché l’essere occidentale non passava inosservato, nonostante il Marocco tra le realtà del mondo arabo è tra le più tolleranti”.
Momenti unici, come conferma Lucia: “Abbiamo trovato un personale molto disponibile e aperto, in un ambiente familiare e organizzato, molto umano. E’ stata un’esperienza nell’esperienza, affacciarsi sul terrazzo nella Medina è un qualcosa di indimenticabile e magico, tutto ciò è stato anche un modo per affrontare varie tematiche religiose e differenze culturali. Sono tutte persone eccezionali, i frati missionari che vivono in un paese islamico hanno qualcosa in più, non è una vita facile. Eppure lì superi i momenti di sconforto perché ti apri ed è anche divertente essere parte della Medina, assistevamo tutte le sere a scene di vita di una famiglia marocchina emigrata in Francia, tornata in estate. Per noi era come essere nel vivo della loro cultura, vivendo nella zona nuova della città non sarebbe stato possibile.
Inoltre – aggiunge Lucia – la mattina alle 7 celebravamo le lodi dentro la piccola cappella, dall’esterno si sentivano le preghiere delle altre religioni, era l’unione nella lode rivolta a Dio, un qualcosa di molto emozionante”.
Avete mai avuto paura? “Più che paura – spiega Lidia – sconforto per non capire cosa fare per poter aiutare i bambini, come sfruttare al meglio la mia potenzialità. Quando 20 bambini ti tirano la maglia e ti chiamano mamma è dura, ma ci sono stati anche episodi divertenti come quando volevamo scambiarmi per qualche cammello. Un altro momento molto bello è stato quando siamo andati in piscina con loro, fuori dalla struttura erano diversi, si divertivano di più, come quando siamo andati in giardino, abbiamo ascoltato musica e giocato. Fuori dall’istituto per me diminuivano le difficoltà”.
“Un giorno – aggiunge Lucia – siamo andate in un centro dove ci sono i bambini che dopo l’ospedale restano lì fino ai 18 anni. I migliori ricevono borse di studio, una ragazza era felicissima, era appena stata adottata in Francia, è stata una scena molto commovente”.
Lidia non ha dubbi e tornerà. “Anche da laica, con una religiosità minima, ho avuto quasi una conversione, Pagliarini è formidabile, abbiamo celebrato alcune messe solo per volontari, tutti condividevamo l’ostia e il vino dal calice in una Chiesa piccolissima e un altare in comune, si interagiva nell’omelia, eravamo al massimo 6 persone, erano momenti fortissimi, di grande condivisione dell’intimità. Un rito purificante, mentre da fuori sentivamo provenire il richiamo del canto del muezzin, la preghiera islamica, mentre noi contemporaneamente celebravamo il rito di un’altra religione. La consiglio come esperienza, ma per quanto ti possano piacere i bambini questo non basta, ci vuole di più”.
Anche Lucia è molto tentata da un ritorno: “I bambini mi vengono spesso in mente, tornerò. Il paese islamico mi arricchisce, scopro di più la mia identità da cristiana cattolica e si rafforza quando mi confronto con chi la pensa diversamente, in questi casi. Ci vuole apertura mentale e umana, perché quello che per noi è divertente per gli altri non lo è, bisogna avere carattere. Un conto è il Sudamerica, dove si respira un tipo di cultura più simile alla nostra, un conto è l’Africa e poi conosci un volto nuovo di una terra che in questo caso non è legata solo al turismo, abbiamo visto come ci siano tanti stereotipi invece ci sono importanti realtà, Fes ad esempio è una città di studio, come Bologna o Oxford. Il Marocco non è solo deserto o vacanze”.
Per informazioni sull’associazione One For You One For Me e sulle prossime esperienze di volontariato
www.oneforyouoneforme.org.
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Foto – Volontarie in Marocco
Alcune immagini dell’esperienza di volontariato in Marocco di Lucia Valori e Lidia Carlucci.