Nel caratteristico e storico negozio di Angiolina Balduzzi da ormai una settimana ha avuto inizio la Prima Esposizione dei Dolci di Pasqua. Un viaggio nel passato delle tradizioni popolari abruzzesi che è possibile intraprendere- tra gusto e storia- attraverso un ritorno a quelle tradizionali composizioni gastronomiche che non potevano mancare a tavola durante le festività e che ancora oggi rimangono presenti, se pur in parte, nell’ immaginario collettivo. Ma quale storia c’è dietro ai dolci pasquali e che valore avevano un tempo rispetto ai giorni nostri? A rispondere a questa domanda ci ha pensato la stessa Angiolina Balduzzi (La Giostra della Memoria) , la quale ci ha regalato un suo personale racconto, fatto di storie, tradizioni e saperi.
“Il materiale e l’immateriale del sapere popolare abruzzese è scritto, senza la penna, ma con fantasia, correttezza e creatività sui dolci pasquali che dall’Ottocento rendono caratteristica e speciale la Pasqua del nostro territorio. La pupa ed il cavallo a cui è dedicata l’esposizione, predominano come veri protagonisti storici ed ancora oggi i fornai più sensibili, a livello antropologico e demologico, continuano la tradizione mostrando capacità ed estro e realizzando le secolari ricette di favolosi impasti di cacao, miele, mandorle e spezie, o di sola farina, uova, zucchero e limone. Il dolce a forma di cuore piccolo o grande- ci ha spiegato Angiolina- era destinato alle persone amate. Il cavallo o il cavallino era atteso dal bambino o dal giovincello, la pupa dalle bambine. L’agnello, per la futura sposa, era sbalorditivo, grande, coperto di una glassa bianca arricciata come il vello ovino e dimostrava anche il tenore di vita della famiglia. Caratteristico e non comune rimane il castello, dolce da donare al padrone di casa più anziano, aveva la forma del castello vero e proprio, i cui merli erano impreziositi da cinque o più uova che, conficcate parzialmente nella pasta e cotte al forno, avevano un sapore antico e speciale. Il cibo di rito poi riguarda un’intera letteratura che i nostri grandi pionieri della disciplina antropologica, come il famoso Giancristofaro Emiliano ed i tanti altri, hanno fortunatamente proposto e raccontato.”
Il lunedì di Pasqua– oggi chiamato la Pasquetta- era la vera festa dei dolci. Negli anni Quaranta e Cinquanta c’era il rientro a scuola tanto atteso perché lo si trascorreva in campagna. Sul prato verde e fiorito si posava un grande telo bianco che ospitava tutti i dolci rimasti da mangiare e si esibivano con orgoglio. La maestra, però, assegnava come compito a casa pensieri e disegni da mostrare al severo direttore. Erano i tempi dell’età più bella“