Un pomeriggio in compagnia di Aleida Guevara, figlia del mito e al tempo stesso leggenda Ernesto Che Guevara, quello tenutosi poche ore fa presso l’Hotel Tomeo (ex Gabri) di San Salvo. Nelle due ore intense passate tra racconti, aneddoti, critiche, memorie e prospettive presenti e future, la dottoressa Guevara ha risposto alle domande del direttore del quotidiano abruzzese ‘Il Centro’ Mauro Tedeschini, davanti ad una nutrita presenza di persone di ogni età. Dalla situazione cubana attuale, ai ricordi e gli aneddoti sulla figura del ‘Che’, ma soprattutto sugli scenari che si stanno aprendo tra due nazioni viste sempre come antagoniste, come il diavolo e l’acqua Santa per certi versi: gli Usa e Cuba. Un incontro interessante organizzato dal laboratorio politico-culturale ‘San Salvo Democratica’ con l’obiettivo di “riflettere, approfondire, confrontarsi e fare memoria su tematiche sociali, politiche e culturali, oltre che raccontare le vicende che hanno segnato la storia della città e della gente di San Salvo”. Domani ci sarà un altro incontro sempre alle 18:00 inerente ai protagonisti e testimoni dell’epoca dell’occupazione di Bosco Motticce da parte di oltre 1.500 sansalvesi, pagina gloriosa e indimenticabile della storia della città.
L’incontro con Aleida Guevara- Non si fa tanta difficoltà per riconoscerla: ha letteralmente rubato il viso a suo padre, oltre che avere gli stessi gusti, per così dire. Nell’Hotel Tomeo sono moltissime le persone giunte per ascoltare ciò che la dottoressa (pediatra allergologa presso l’ospedale Soler di Avana) cubana ha da raccontare e senza aspettare tanto altro tempo, dopo i soliti e rituali ringraziamenti, Tedeschini rivolge subito la prima domanda all’ospite d’onore- in precedenza letteralmente circondata dai tanti desiderosi di scattarsi un ‘selfie-foto ricordo’ insieme alla donna.
Chi era Ernesto Che Guevara? “In poche parole è difficile sintetizzare la vita di mio padre. Posso però dirvi che era un uomo. Un uomo che voleva essere prima di tutto un essere umano. Il popolo è sempre stato al centro del suo interesse, oltre che ad esserlo per le rivoluzioni. Lui aveva capito sin dal primo momento che per cambiare la realtà, rivoluzionarla, non bastava preoccuparsi di cambiare il sistema economico di uno stato. Bisognava cambiare prima la vita degli uomini. Quello che a lui interessava era la gente e con questa si rapportava, soprattutto con le persone povere. Questo dialogo continuo con i poveri, con la gente umile lo mise molte volte contro una certa sinistra del periodo. Quella sinistra che amava soffermarsi su aspetti più intellettuali e che si dimenticava di curare e osservare la realtà del paese. Naturalmente sapeva che anche la sfera intellettuale giocava un ruolo importante, soprattutto nei rapporti con la stampa. Ma, diciamo così, amava più stare in mezzo ai problemi tangibili, concreti, reali. Quando fu ministro di Cuba, si accorse che percepiva una quota troppo grande e la rifiutò. Diceva: se i politici non vestono gli stessi abiti del popolo, non usano le stesse parole, le stesse scarpe, allora non si renderanno mai conto dei veri problemi e di cosa accade alla gente. Questo è l’Uomo che ho conosciuto. Questo è stato l’uomo coerente, vero, il quale divideva i fatti dal pensiero. È stato anche un uomo molto romantico, ha amato molto mia madre e le lettere che era solito inviarle lo dimostrano. Sbagliò anche moltissime cose, ma comprese i suoi errori e cercò in qualunque modo di rimediare e migliorare. Se lui è riuscito ad essere tutto questo, non vedo perché noi non possiamo farlo”.
Dopo la lunga ed inedita narrazione su molti degli aspetti del carattere e dell’animo del ‘Che’, viene chiamato in causa Papa Francesco e la religione cattolica ed Aleida senza troppi dubbi risponde: “A Cuba amiamo ripetere: un cattolico veramente convinto è il primo vero comunista. Tra loro le due si rassomigliano, legate dallo stesso concetto: vivere per far stare bene gli altri e noi stessi, difendere il diritto alla vita, l’ambiente. Però non sono solo i cattolici a professare questo. Gli stessi mussulmani, buddisti e quelli di altre religioni sono portatori degli stessi valori. Il problema, a volte, è che ci sono persone più potenti di altre e le parole di queste raggiungono un numero maggiore di interlocutori. Tutti possiamo dare messaggi come quello del pontefice, basta solo farlo e non avere paura di dare amore. Io non sono una credente, non credo nella religione ed il motivo è semplice. Nei miei due anni in Angolia ho visto morire davvero tantissime creature innocenti. Quando ero nel reparto di pediatria, è accaduto molte volte di dover curare tre bambini, ma avendo una sola medicina. Dovetti scegliere chi far vivere e chi lasciare morire. Gli anni successivi visitai in un mio soggiorno a Roma i musei vaticani. Un solo tappeto di quelle lussuose stanze poteva sfamare un numero immenso di persone. Scusatemi, ma per me è davvero difficile pensare che persone di una fede come quella cattolica rimangano indifferenti. Naturalmente se Papa Francesco sarà in grado di cambiare questo sistema, sarò pronta ad urlare: Allelujah”.
Poi largo alle ipotesi: ‘Che pensiero avrebbe tuo padre oggi di Cuba e di chi l’ha governata in questi anni, se fosse ancora vivo?’ “Sicuramente ‘el Argentino’ oggi tirerebbe le orecchie a molti di noi, si arrabbierebbe e non poco. Però allo stesso tempo lui non ha vissuto quello che noi abbiamo vissuto dopo la sua morte. Non ha potuto vivere i problemi, prendere le scelte e gestire tutto questo. Credo fortemente che alla fine sarebbe rimasto orgoglioso dell’impegno messo in campo”. Successivamente una lunga analisi sul rapporto tra gli USA e Cuba, anche sui fatti di attualità che hanno riempito le pagine dei quotidiani internazionali.“Molti in Occidente hanno un pensiero su Cuba non conoscendo però la realtà e le realtà che hanno contraddistinto la storia di questo paese. L’America- prima con il neocolonialismo e poi con l’imbargo- ha bloccato tutti gli scambi commerciali tra Cuba e le altre nazioni. Gli Stati Uniti d’America hanno imposto agli altri paesi di non poter avere scambi commerciali con Cuba. Qualunque nazione avesse voluto farlo, nell’angolo l’FBI sarebbe stata pronta a sanzionarla. Quando sparirono i socialisti a Cuba, noi ci trovammo costretti a cercare le tecnologie adeguate al di fuori dei nostri confini. Ma fu impossibile. Gli States erano già stati chiari con tutti ed il potere commerciale americano prevalse. Ancora oggi molte delle importazioni noi dobbiamo prenderle dalla Nuova Zelanda. Una situazione come questa non poteva andare avanti. Così decidemmo di aprire le porte al turismo internazionale. Questo, però, permise l’introduzione di fattori negativi come la droga, la prostituzione ecc… elementi che combattiamo ferocemente. Non dimentichiamoci che Cuba garantisce una sanità pubblica gratuita- di livello- un’istruzione gratuita, con università prestigiose ed un’eccellenza straordinaria sul campo della medicina. I nostri medici, come i nostri ingegneri, sono richiesti in tutto il mondo. Ci manca tanto per essere un paradiso, è vero, ma ci stiamo impegniamo e ci crediamo. Abbiamo speranza e siamo un popolo libero. Attualmente con gli Usa siamo seduti attorno ad un tavolo per parlare di molti aspetti e, dopo le dichiarazioni di Obama, qualcosa sta cambiando. Ma cambierà solo se ci sarà rispetto nei confronti di Cuba e verso chi è stato fedele a Cuba, come i canadesi ad esempio. Rispetto per la dignità delle persone, cosa che non è avvenuta in passato con quei dissidenti cubani pagati dal governo americano e con i quali non mi è mai piaciuto parlare, proprio perché loro stessi non rispettavano la propria persona. Se vivi solo per ingrandire il tuo portafoglio, la tua dignità come uomo diminuisce. Le dichiarazioni di Obama sul fallimento delle politiche del blocco commerciale per me e per la mia gente sono valse come una grande vittoria”.
Dopo il lungo capitolo sugli Stati Uniti, Tedeschini chiede alla Guevara: Che cosa vuol dire essere comunista oggi?“Io sono una militante del Partito Comunista Cubano. Siamo quattro figli, tre di questi hanno partecipato a missioni internazionali, siamo rivoluzionari e lavoriamo a Cuba. Io però sono l’unica ad essere comunista. A Cuba entrare a farne parte non è semplice, la selezione è spietata e devi essere un avanguardista. Di certo non significa essere stronzi– come qualcuno in Italia ha tante volte ripetuto. In linea generale significa volere il bene degli altri, stare con la gente che sta male e fare di tutto perché questa gente possa vivere felice. La solidarietà per noi è l’espressione più dolce dei popoli”. Infine un rimando alle giovani generazioni e a quell’animo poco rivoluzionario, secondo il direttore del ‘Il Centro’, che le contraddistingue. “Molte volte si dice che i ragazzi sono cattivi, sbagliano e che le generazioni odierne sono malate o nulla facenti. Qual’ora fosse vero, bisogna domandarsi di chi è la colpa, è la risposta è semplice: nostra. Non puoi pretendere di insegnare ad un giovane quello che tu non sai fare. Ma soprattutto non puoi imporglielo. Mi trovo costantemente a contatto con i giovani e la cosa mi piace tanto. A loro non servono obblighi, ma esempi. Nessuna ideologia da inculcarli, basta farli vedere quello che fai, essere un esempio. Dico sempre a molti stdenti: perché se in Messico uccidono quattro innocenti, voi non siete a manifestare? Perché se da un’altra parte del mondo vengono commesse ingiustizie, voi non scendete in strada ad urlare. La felicità è un bene da garantire a tutti, in fondo. Ecco, credo che i giovani abbiano una grande voglia di cambiare questo mondo. Sono convinta che cresceranno forti”. Con un lungo applauso si conclude un lungo pomeriggio fatto di racconti, aneddoti e riflessioni. Un pomeriggio in compagnia di Aleida Guevara.