L’economia civile (opposta all’economia politica) per far uscire i Paesi dalla crisi e far tornare a sperare i cittadini. Questo il messaggio lanciato da monsignor Pietro Santoro e dal professor Stefano Zamagni nel corso dell’incontro presso la BCC Valle del Trigno a San Salvo. Dopo i saluti e l’introduzione di Nicola Valentini, presidente della BCC, Monsignor Santoro, tornato nella “sua” San Salvo, ha ricordato le parole di Papa Francesco quando afferma che “la crescita in equità richiede qualcosa in più della crescita economica”, evitando di cadere nel “populismo irresponsabile” e affermando che “l’economia non può creare rimedi che sono un nuovo veleno”. Secondo il vescovo di Avezzano “dobbiamo abbracciare l’economia civile, perchè oltre al ruolo del mercato abbiamo bisogno di reciprocità. Il mercato è neutrale rispetto ai valori e non riesce a risolvere il problema delle disuguaglianze. Oggi è importante creare valore economico in modo socialmente e ambientalmente compatibile”. Economia civile che parla del bene comune e trova un suo fondamento nella dottrina sociale della Chiesa. “Il bene comune – spiega monsignor Santoro – non nasce da una somma di tanti privati, ma da una sottrazione. Ognuno rinuncia a qualcosa di privato per ottenere il bene comune”.
Il professor Stefano Zamagni parte da un dato storico. “L’espressione economia civile viene coniata a Napoli, presso l’Università Federico II, nel 1753, quando all’abate Antonio Genovesi venne affidata la prima cattedra di economia al mondo”. Zamagni spiega come il bene comune sia qualcosa di diverso dall’altruismo. “Devo perseguire il bene dell’altro ma insieme al mio, posso realizzare il mio potenziale di vita insieme al tuo. È come se accompagno una persona tenendola per mano, l’aiuto ad avanzare ma vado avanti anche io”. L’economia civile in tanti altri Paesi sta conoscendo una fase nuova e vincente. “Invece noi italiani che l’abbiamo inventata non la consideriamo”. Zamagni spiega che l’economia civile è “inclusiva, non si accetta che ci siano categorie di persone che sono escluse”. E alla base del paradigma ci sono concetti come le reti delle relazioni, la fiducia. Fondamentali sono le reti di fiducia a largo raggio, che permettono di avere scambi proficui. E fondamentale è il ruolo di famiglia, scuola, e mondo delle imprese, che hanno la funzione di costruire queste reti di fiducia.
Zamagni spiega molto bene la differenza tra istituzioni politiche ed istituzioni economiche, come il sistema bancario, il mercato del lavoro, la governance societaria . “Sono queste ultime a necessitare un cambiamento urgente, piuttosto che le istituzioni politiche. Una volta messe a posto le istituzioni economiche si passerà a quelle politiche, che pure devono essere riviste”. Un cambiamento necessario perchè negli ultimi 25 anni, in Italia, sono prevalse le istituzioni economiche di tipo estrattivo, che estraggono da un territorio un valore aggiunto e lo incanalano verso le posizioni di rendita. “Invece servono le istituzioni economiche che estraggono valore aggiunto e lo reinvestono nel territorio. Solo così la realtà nazionale potrà evolvere. Non è accettabile che il sovrappiù prenda la via dei paradisi fiscali o vada ad arricchire altri Paesi”.
L’economista italiano mostra un cauto ottimismo rispetto al futuro dell’Italia. “C’è una forte resistenza rispetto all’economia civile, ma anche il più cieco si sta accorgendo che potremmo stare molto meglio. L’essere umano vive per la felicità, non può essere che ci costringiamo all’infelicità. Ecco perchè dico che il paradigma dell’economia civile si farà strada presto”.