Da ormai tanti anni la loro vita si svolge in uno dei luoghi più conosciuti, ammirati e amati della città. Un luogo magico, che di notte esercita un fascino incredibile e di giorno si riconosce per la sua imponenza. Non sono nati a Vasto, né vi sono cresciuti, ma ormai, dopo tanti anni in riva all’Adriatico (e nel loro caso si può ben dire), Biagio Santoro e Andrea Guida sono diventati vastesi d’azione. Alla loro passione, competenza, cura, è affidato il faro di Punta Penna, il secondo più alto d’Italia. E’ loro che siamo andati ad incontrare in una bella giornata primaverile, in cui la sagoma bianca del “loro” faro irrompe con prepotenza nel cielo azzurro. Ma per farci raccontare la loro storia li abbiamo portati fuori dal cancello della reggenza, perché incontrarli all’interno del faro avrebbe spostato inevitabilmente l’attenzione sulla bellezza di questo luogo che solo da qualche anno è aperto ai visitatori. Nella piana di Punta Penna è impossibile non averlo davanti allo sguardo, anche per loro che ormai da quasi 30 e 20 anni lo “accudiscono”. Sono arrivati a Vasto a 10 anni di distanza e il destino ha fatto incontrare due campani nella reggenza di Punta Penna, dopo differenti percorsi di vita. Biagio sceglie di diventare farista partecipando ad un concorso pubblico nel 1978. “Avevo le qualifiche professionali richieste e così decisi di partecipare. Fui preso e partii per La Spezia, dove feci la formazione per tre mesi. Poi 7 anni in giro per l’Italia prima di arrivare qui a Vasto”. Oggi è lui il regggente del faro di Punta Penna. Andrea, invece, era dipendente di Mari Tele Napoli, “dove ero entrato da ex volontario di marina, come addetto alle apparecchiature telegrafoniche e telescriventista. Sono stato 15 anni a Napoli. In quel periodo le assunzioni nei fari erano solo per concorso interno”.
Un percorso diverso, quindi, che però oggi li porta a condividere un’esperienza che, con tutta probabilità, tra qualche anno non sarà più possibile per nessuno, perché scomparirà la figura del farista, o guardiano del faro, per utilizzare una definizione più romantica ma meno rispondente alla realtà. Perché, infatti, potendoli osservare nelle attività quotidiane, Biagio e Andrea, sono molto di più che dei semplici guardiani. A loro due è affidato il buon funzionamento del faro di Punta Penna che, naturalmente, deve essere acceso ogni sera perché la navigazione sia sicura. Anche oggi che la tecnologia sembrerebbe in grado di mandare in pensione quella luce intermittente. “Provate a chiedere ai pescatori come rientrano in porto”, dice Biagio ben conoscendo la risposta. La luce che viene emanata dalla lampada posta della lampada a 70 metri d’altezza, è segnale di conforto per chi si trova in mare davanti alla costa vastese. Ed è per questo che i due faristi hanno imparato ad essere elettricisti, meccanici, informatici, muratori. Ma anche più semplicemente ad occuparsi delle pulizie o del giardinaggio. La cosa che colpisce ancor prima di ascoltarli è la loro passione, che traspare dai gesti, dagli oggetti che sono intorno al caseggiato posto alla base del faro. Perché per loro questo è un luogo divenuto di vita, sin dalla prima volta in cui arrivando in città lo videro. Le loro reazioni non furono subito delle migliori. “Quando venni preso nel concorso mi furono date diverse opportunità – racconta Andrea – ma scelsi Vasto, perché era comunque abbastanza vicina a casa. La prima volta che arrivai con la macchina ero convinto che il faro, come accade in moltissime altre città, fosse nel centro abitato. Arrivai insieme a mia moglie e mia figlia e mi ritrovai nel bel mezzo di piazza Rossetti”. Inevitabile, con una scena del genere, finire tra le grinfie di un vigile che, tutto agitato vedendo una macchina nel centro della piazza, mi diede le indicazioni. L’impatto non fu dei migliori quando ci siamo accorti la distanza che separava Punta Penna dalla città. Anche per Biagio Santoro quello della distanza dal centro abitato è sempre stato un punto dolente. “Soprattutto quando avevo mia figlia piccola, mi è capitato anche di fare 100 km in un giorno percorrendo più e più volte il tratto”.
Chi, dal 2006 ad oggi, ha avuto l’occasione di entrare all’interno del faro, ne ha potuto ammirare il funzionamento. “Quello dell’apertura al pubblico è stato un nostro piccolo successo – racconta con giusta soddisfazione Biagio -. Il nostro comando generale, che prima era a Venezia, non aveva questo tipo di intenzione, ma noi abbiamo creduto in questa iniziativa, spinti anche dalla tanta gente che ci chiedeva di visitare il faro, a cominciare dai tanti vastesi che, pur avendolo dinanzi agli occhi per tutta la loro vita, non sono mai potute entrare”. Ma pensare che sono solo due persone a tenere funzionante una struttura così imponente regala certamente quell’aura magica ai due uomini che, seppur lontani da figure letterarie e cinematografiche di guardiano del faro intrisi di leggenda, ogni giorno, 365 giorni all’anno, sono pronti a “dare luce” ai naviganti. Dalle loro parole emerge una realtà non semplice, fatta di difficoltà nel portare avanti il lavoro a causa dei tagli continui. “A volte per riparare qualcosa ci arrangiamo come possiamo, perché cerchiamo di chiamare la direzione centrale per avere tecnici il meno possibile”. Nel futuro c’è una triste realtà che vedrà scomparire la loro figura. Se già adesso è l’elettronica a farla da padrone, nel futuro lo sarà sempre di più. “Ci sarà una reggenza – spiega Biagio Santoro – che si occuperà di più fari in un tratto di costa, intervenendo poi quando sarà necessario”. Nella nostra camminata siamo passati davanti alla chiesa della Madonna di Pennaluce, poi davanti alla torretta dei radar, alle caserma, alle case. Un quartiere, quello di Punta Penna, che per forza di cose si sono trovati a vivere. E lo hanno fatto in maniera molto differente. Andrea da qualche anno si occupa di realizzare il bellissimo presepe ammirato da tanti. E poi cerca di collaborare al decoro mantenendo pulite le aree limitrofe al faro. “So che non tocca a me ma qui ci viviamo noi, sarebbe brutto che la gente quando arriva trovasse l’erba alta e la sporcizia fuori dal faro”. Un quartiere, però, che hanno visto mutare nel corso degli anni. “Sono cambiate le tipologie di persone che vi abitano – raccontano i due-“. Se Andrea è quello che vive “la città più a livello locale (inteso come Punta Penna)”, Biagio è ormai conosciuto da tutti, grazie alla sua attività teatrale e non solo. Galeotta fu una festa di Santa Barbara, in cui mise in mostra le sue abilità di attore. Da lì nacque la Compagnia Principe De Curtis, che ancora oggi è molto attiva in tutto il territorio. Nella nostra camminata il faro è sempre stato la presenza costante e silenziosa, immenso quando ci sei sotto e alzi lo sguardo per scrutarne la lanterna, spenta di giorno ma pronta ad entrare in funzione quando scende la sera.
E con Andrea e Biagio che ogni giorno sono lì, a fare in modo che questo accada senza intoppi. Anche se l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Tra le cause che creano maggiori problemi ci sono i fulmini. “Con la struttura più alta nel posto più alto della zona chi vuoi che se li prenda tutti i fulmini?” mi chiede Biagio. “Ovviamente il faro! Ne cadono davvero tanti, mi hanno raccontato che durante i temporali si vedono delle lingue di fuoco lungo le trecce metalliche che corrono lungo le pareti e collegano la gabbia attorno alla lanterna a terra”. Qualche episodio da brividi è capitato anche dentro. “Una volta – ricorda Andrea – i fulmini si propagarono lungo il corrimano, vedevo le scintille”. Il pensiero, inevitabilmente, corre al momento in cui Biagio e Andrea andranno in pensione. Se, nonostante i tanti anni a Vasto, l’accento è rimasto quello della terra natia, ormai loro due si sentono vastesi e hanno fatto la loro scelta di vita insieme alle loro mogli e alle famiglie. Vite diverse, caratteri diversi, che però si trovano fianco a fianco in quello che è più che un semplice lavoro. “Ci compensiamo perché ognuno di noi sa quando magari è il momento di restare in silenzio e assecondare l’altro. La cosa più importante è che il faro tutte le sere si accenda, anche se ci sono stati problemi. Vuol dire che siamo stati bravi a risolverli”. Quella luce intermittente che si vede anche a decine di chilometri di distanza e che scalda il cuore quando stai tornando verso casa e inizi a vedere i caratteristici “lampi”. Per Biagio e Andrea la certezza che ogni notte, che si tratti di pescatori che entrano ed escono dal porto, o di navi che transitano molte miglia al largo, il loro lavoro preciso ed appassionato rappresenta il punto di riferimento affidabile per la navigazione. Una soddisfazione da condividere con tutte le persone che da qui passano a trovarli. “La cosa più bella è poter trasmettere ad altri il tuo lavoro che prima di tutto è la tua passione – spiegno-. E possiamo farlo in diversi modi, a seconda che si tratti di bambini, a cui raccontare tutto come un gioco, o studenti liceali a cui trasmettere nozioni tecniche”. Questo finchè ci saranno loro in attività, poi chissà. Intanto tocca ancora a loro salire quei 300 gradini che conducono in cima, a volte portando su pesanti attrezzature da lavoro, altre accompagnando comitive di visitatori. Faristi, fanalisti, guardiani del faro. Vanno bene tutte o forse nessuna. Io preferisco “le anime del faro”.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo