Il sorriso onesto e gentile è la prima cosa che ti colpisce quando incontri Tindaro Pontillo. O meglio, il commendator Tindaro Pontillo. Classe 1934 per 58 anni bagnino sulla spiaggia di Vasto, decine di persone salvate e tante onorificenze ricevute dai vari livelli istituzionali. E’ con la sua semplicità che il signor Tindaro, neanche il tempo di farmi fare una domanda, inizia a raccontare un episodio della sua vita. Mi aspetto di sentire chissà quali storie di mare, incredibili salvataggi e cose del genere e invece lui inizia a parlare di un treno. “Era il 1963, abitavo vicino alla ferrovia, a San Nicola. Il giorno 17 gennaio, camminando vicino al passaggio al livello incustodito che c’era lì vicino mi accorsi che una rotaia aveva una rottura”. Lo ascoltiamo davvero incuriositi, mentre inizio a sbirciare il libretto con la copertina di cuoio e i fogli che ha portato con sè. “Visto che abitavo vicino alla ferrovia, avevo imparato a memoria gli orari dei passaggi dei treni. E subito ho pensato che dovevo recarmi in stazione per avvisare dei binari rotti. C’era tanta neve ai lati della ferrovia e io presi da una vicina una maglia rossa che portavo in mano”. Non c’erano ovviamente i cellulari, niente telefono in casa, ed allora l’unica soluzione che viene in mente a quel 21enne è quella di mettersi in marcia costeggiando la linea ferroviaria per avvisare del pericolo imminente.
Tindaro Pontillo prosegue senza interruzioni nel suo racconto, quasi stesse rivivendo in quel momento quanto accaduto tantissimi anni fa. “All’imbocco della galleria, mentre camminavo vedo arrivare il Lecce-Milano. Mi sono detto: e ora che succede? Se il treno arriva sui binari rotti potrebbe deragliare! Non ci ho pensato un attimo e mi sono messo al centro dei binari, mentre agitavo la maglia rossa che avevo in mano. Il treno si avvicinava e il macchinista cercava, con fischi lunghi e ripetuti, di farmi spostare. Pensavano fossi un matto e non rallentavano. E intanto si avvicinava. Solo quando fu vicino, tanto vicino, saltai via dai binari e pensai che il treno, con tutti quei passeggeri, sarebbe deragliato. Ero in mezzo alla neve, quando sentii il forte rumore dei freni e il treno che si fermava. Non potete immaginare quante me ne hanno dette. Cercavo di spiegargli cosa poteva succedere, ma quelli niente, mi presero uno per lato e mi dissero: lei è in arresto per interruzione di traffico ferroviario. Cercavo di spiegare le mie intenzioni ma non mi credevano. Siamo andati dove c’era la rottura e vedendo i binari attraversati da una fessura a forma di S, che si era forse formata a causa del gelo, mi lasciarono. Mi dissero: dacci il nome che ora ti sistemiamo noi a te. Non capivo che lo dicevano come cosa favorevole”. Il treno non ripartì, arrivò una squadra d’emergenza che sistemò il binario per far passare il treno e poi sostituirono il tratto rotto. “La sera parlarono di questo episodio al radiogiornale, dicendo il mio nome e che avevo evitato un disastro ferroviario”. Stessa cosa i giornali del giorno dopo. Evitato un disastro ferroviario da un cittadino di Vasto. Insomma, un treno carico di passeggeri, scampò alla tragedia grazie alla sua intuizione. L’unico che non la prese bene fu il responsabile delle ferrovie di Vasto, che voleva punire Tindaro per aver camminato lungo la ferrovia, cosa vietata dalla legge.
A Tindaro arrivarono la lettera delle ferrovie, con tanto di premio in denaro (che passò da 10mila a 25mila lire) e i riconoscimeti, ma allo stesso tempo il rancore del ferroviere che voleva punirlo a tutti i costi. Gli consegnarono un’onorificenza da parte delle ferrovie, ma lui non ebbe pace fino a quando non riuscì a parlare con il direttore generale delle ferrovie che gli assicurò che non ci sarebbe stata nessuna contravvenzione per lui. “Il direttore ascoltò il mio racconto e mi disse: prenderemo provvedimenti. Una settimana dopo mi arrivò la lettera di encomio della direzione generale. E poi, quel ferroviere, dopo due mesi lo trasferirono”. Una storia sicuramente avvincente, che oggi avrebbe conquistato tutti i mass media e avrebbe fatto diventare Tindaro Pontillo un personaggio. Io però voglio tornare alle storie di mare, perchè ho sempre sentito parlare di lui come bagnino. Del resto uno che per 58 anni presta servizio in spiaggia avrà tante cose da raccontare. “Ero contadino e l’estate facevo il pescatore. A Vasto c’era Luigi Fiore che mi chiese se volevo lavorare come bagnino. Io, per portare qualche soldo a casa accettai”. A quei tempi, in cui non c’erano ancora gli stabilimenti come li conosciamo oggi, era il Comune, attraverso l’Azienda di turismo e soggiorno ad occuparsi del servizio di salvataggio. Primo anno di servizio il 1952. I suoi ricordi sono di una spiaggia molto diversa. “L’acqua arrivava fin quasi dove ci sono le cabine”. C’era da controllare la spiaggia e l’acqua, girando un po’ tutto il litorale. “Sono stato in tanti stabilimenti e anche nelle zone libere dove se ne occupava il Comune”.
Gli unici due anni di interruzione, nella lunga attività compresa tra il 1952 e il 2010, sono quelli del servizio militare, ovviamente in Marina. “Prima a Taranto e poi per un anno e mezzo in Sardegna, a Olbia, dove c’è stato quel disastro”. Il numero delle persone tratte in salvo dal mare non lo ricorda, del resto sono state tante e non è mai stato a contare il numero di volte che ha aiutato qualcuno in difficoltà in acqua. Ma ci sono le numerose onorificenze a dare testimonianza degli episodi più importanti. E di quelli Tindaro ricorda tutto, perfino l’orario. Come i cinque giovani salvati nel 1959. “Erano le 18.35, l’orario di termine per la balneazione era alle 18, ma i giovani restavano ancora in mare. Stavano col moscone al largo e si ribaltarono. Con altre persone siamo andati col moscone di salvataggio, li facevamo salire e piano piano li dirigevamo verso la riva, dove ci hanno aiutati anche dei volontari”. Anche quando, negli anni ’70, fu assunto in Municipio, l’estate era sempre occupata dal lavoro come bagnino. “Sono entrato come operaio e poi sono passato come dattilografo. Ma l’estate mi firmavano un permesso ed ero distaccato in spiaggia, con regolare autorizzazione. Al Comune conveniva, così garantiva il servizio senza dover prendere altre persone”. Idea semplice semplice dell’amministrazione che permetteva di avere il bagnino nelle spiagge libere. “Qualcuno l’ho dovuto anche accompagnare in ospedale”. Una volta, insieme a Luigi Fiore, capitò anche di dover recuperare una persona morta annegata. Un altro attestato di benemerenza ricorda un salvataggio del 14 luglio 1982. “Era brutto tempo, quei due ragazzi avevano bevuto (in realtà senza farci capire se avessero bevuto acqua di mare o altro prima di fare il bagno) e chiedevano aiuto. Non fu semplice tirarli fuori”.
Quando ha iniziato, nel 1952, non c’erano stabilimenti. “C’erano le cabine di Novembre, Sacchetti. Poi costruirono”. I ricordi lucidissimi e precisi lasciano spazio a lunghi silenzi. Solo ad una domanda Tindaro Pontillo non risponde, ma si lascia andare ad una fragorosa risata. “Quante donne hai conquistato come bagnino?”. Risposta top secret, “altrimenti la moglie si arrabbia”, fa eco Costanzo. Nel suo libretto di navigazione sono riportate tutte le onorificenze, sono davvero tantissime, basta guardare la foto del tesserino della FIN con tutte le medaglie per rendersene conto. L’attestato di Cavaliere, poi Commendatore, per nomina di Ciampi, riconoscimenti dal Comune, dalla Regione, l’ultimo in ordine di tempo l’ha ricevuto dall’Anmi, in occasione della festa di Santa Barbara, dalle mani del “nostro presidente Mario Pollutri“, dice con orgoglio. La chiacchierata prosegue sul pontile, in una ventosa giornata. Il suo sguardo è rapito da quel mare che rappresenta l’elemento naturale a lui più vicino. Ricorda il vecchio pontile, a cui attraccavano i motopescherecci per scaricare il pescato di giornata. E ricorda anche i tanti legami con i turisti che per tanti anni hanno frequentato la spiaggia di Vasto. “C’è una famiglia di Milano che prima veniva qui con i bambini, che poi sono diventati grandi e ora vengono qui con i loro figli. E quando mi vedono sono contenti. Anche se io ero severo nel controllarli si è stabilito un grande affetto”. Come potrebbe essere altrimenti? Lui, sulla spiaggia di Vasto Marina è un’istituzione per tutti i vastesi. “E anche se non sono in servizio ho sempre lo sguardo verso il mare, per vedere se succede qualcosa”. Aiutare gli altri fa ormai parte di lui, della sua vita e c’è da star certi che se vedesse qualcuno in difficoltà non esiterebbe ancora oggi a tuffarsi in mare per prestare soccorso. Un vero esempio per tutti i giovani chiamati a vigilare sulla sicurezza dei bagnanti durante l’estate. Il mare d’inverno un po’ lo rende triste. “Era più bello se venivamo d’estate, quando c’è il sole”, ci dice con il suo sorriso sincero. E allora gli promettiamo che quando sarà bel tempo torneremo ancora qui, perchè di storie da raccontare ne ha sicuramente tante. Le ascolteremo davvero con piacere.
Testo di Giuseppe Ritucci
Foto di Costanzo D’Angelo
Foto – Tindaro Pontillo
Foto Costanzo D’Angelo