Francesco Malatesta, 23 anni, è un giovane informatico vastese che fa parte del team che ha creato una delle più interessanti app in fase di lancio nel panorama italiano e non solo. Il suo è un percorso particolare, che parte da Vasto e guarda lontano.
Iniziamo da AppEatIT. Cos’è? Tu di cosa di occupi?
AppEatITè un servizio creato per tutti i lavoratori che vogliono pre-ordinare il loro pasto e godersi la pausa pranzo. Siamo partiti dal presupposto che, in media, un qualsiasi impiegato ha poco tempo a disposizione per la propria pausa pranzo. In questo periodo di tempo deve alzarsi, recarsi nel posto dove vuole mangiare, ordinare, aspettare e infine mangiare in tutta fretta. Molto spesso, così, ripiega su un pasto portato da casa o un panino.
Con il nostro servizio tutto questo cambia: l’utente sceglie il ristorante, sceglie i piatti, decide l’ora di arrivo, il numero di persone e tutta una serie di informazioni aggiuntive (note particolari, intolleranze, preferenze e così via) e, al momento dell’arrivo sul posto, trova tutto pronto.
Per quanto riguarda me, all’interno di appEatIT diciamo che occupo un doppio ruolo: mi sto occupando della realizzazione dell’applicazione su Android e sto facendo anche da consulente per quanto riguarda l’architettura stessa del servizio. Come deve essere realizzato, come raffinarlo e renderlo veloce e performante per essere usato da molte persone contemporaneamente.
Hai l’opportunità di stare in un luogo interessante come Enlabs. Come funziona? I vantaggi di condividere lo spazio di lavoro con altri giovani professionisti?
Dunque, LUISS Enlabs è quello che in termini tecnici si dice un “acceleratore”. Un team con un’idea si presenta e propone un progetto. Se questo progetto e il team vengono ritenuti validi allora entra nel programma di accelerazione, che normalmente prevede dei finanziamenti e tutta una serie di servizi aggiuntivi (dallo spazio fisico dove lavorare fino a consulenze con esperti di altissimo livello del settore).
I vantaggi non sono solo questi, ma anche gli altri derivati dalla presenza di altre startup che lavorano a due passi da te: molto spesso, infatti, una aiuta l’altra in base ai servizi che offre. Altre volte ancora (ed è la cosa migliore) c’è una vera e propria contaminazione che porta solo ulteriore miglioramento.
Inoltre non si ha mai la sensazione di stare in un ufficio, dato che l’ambiente è stupendo, c’è un’atmosfera rilassata e si pensa più all’obiettivo che al dover riscaldare una sedia per un tot di ore.
Il tuo percorso è particolare. Dopo il diploma hai iniziato a lavorare, poi ti sei rimesso a studiare. Come mai questa scelta?
Penso sia una scelta fortemente dettata dalla necessità. Ho cominciato con Economia Informatica a Pescara. In realtà era una farsa e di Informatica ce n’era molto poca rispetto a quanta ne volevo io. Ovviamente anche io mi ci sono messo: la maggior parte degli esami erano essenzialmente di economia. Se c’è una cosa che non sopporto è l’economia. Parlami di biologia, medicina, geologia, arte, musica, ma non di economia. Mi interessa tutto ma quella proprio non la digerisco.
Così ho lasciato e mi sono detto “è novembre, se entro gennaio non trovo niente me ne vado via”. Neanche una settimana e ho un colloquio per un posto come programmatore da Altairnet, uno studio a Vasto, in centro. Un posto fantastico in cui ho fatto un’esperienza altrettanto fantastica: soprattutto perchè ho avuto l’opportunità di seguire alcuni progetti dall’analisi iniziale al rilascio finale del prodotto. Una cosa molto importante perchè in molti, nel mio campo, pensano a compartimenti stagni.
Circa un anno e mezzo fa ho sentito il bisogno di approfondire le mie conoscenze e crescere ancora di più, dato che cominciavo a sentirmi stretto e, in un certo senso, in stallo. Tra l’altro mi stavo abituando anche ad una vita piuttosto calma e ripetitiva, per cui mi sono detto “cerco il posto che in Italia è il più caotico, stimolante e vario, mi ci trasferisco, così se riesco a viverci bene posso stare un po’ ovunque”. Così, per una “questione di caos”, ho scelto Roma. Stavolta niente Economia, ma Ingegneria Informatica.
Hai da sempre unito la passione per l’informatica alla scrittura. Un aspetto molto interessante che ti sta dando grandi soddisfazioni. Come porti avanti questa attività tra le tante che fai?
Sono convinto che un buon programmatore non deve solo saper scrivere codice. Chiunque può scrivere del codice: l’analisi, la conoscenza e la flessibilità sono cose totalmente diverse. Anzi, in genere diffido fortemente dei programmatori che pensano solo a scrivere codice e si arroccano su qualsiasi freddo tecnicismo perchè non sanno dirti altro.
La scrittura è un bel diversivo: al momento collaboro da quasi cinque anni come Editor con HTML.IT, il primo gruppo editoriale in Italia del settore Informatico, e ho avuto anche due esperienze di traduzione di libri. Sempre nel campo tecnico, ovviamente. Nelle ultime settimane inoltre ho avviato il progetto di una community legata ad una tecnologia per la creazione di applicazioni web. Si sta rivelando una bella esperienza perchè sto seguendo altri quattro ragazzi come caporedattore.
Poi scrivo anche per me. Tengo due diari, uno per scriverci a ruota libera, mentre l’altro è una specie di raccolta: ogni due settimane invento qualcosa (progetti di qualsiasi genere) e me li segno. Non per realizzarli davvero, ma come esercizio per tenere allenata la mente.
Cosa vuoi fare “da grande”?
Al momento non saprei dirlo con precisione. Certamente so che, nonostante molti miei colleghi la pensino diversamente, non sento la grande necessità di creare qualcosa di mio a tutti i costi, almeno per il momento.
In tanti non vedono l’ora di fare il minimo indispensabile e poi creare qualcosa di proprio, anche di piccolo. Il mio obiettivo invece si trova nella direzione opposta: il mio sogno è di lavorare alla creazione di qualcosa di grande, con altre persone, magari di culture differenti, in un ambiente altrettanto grande. Nei miei sogni c’è IBM, o Google. O anche qualsiasi altro ambiente altrettanto stimolante. L’unico buon programma che ho è non perdere l’entusiasmo e la voglia di creare. Il resto verrà da sé.
I tuoi progetti ti portano “fuori”. Che legame hai con Vasto?
In molti cominciano ad apprezzarla di più solo quando la lasciano. Senza troppa ipocrisia dico la stessa cosa anche io di me. Anzi, il giorno prima di partire per Roma, il quattro settembre, sono uscito da solo, cuffie alle orecchie, e mi sono girato tutto il centro storico (vicoli inclusi) con Einaudi nelle orecchie.
Vasto è una piccola meraviglia. In tanti dicono che è un mortorio, che non si fa mai niente, che non c’è il casino che c’è altrove. Vero, non ci vuole un 160 di quoziente intellettivo per capirlo. È anche vero però che molte di queste persone parlano, ma poi non è che organizzino qualcosa.
Parlando di progetti a Vasto, invece, non ti nego che alcuni ne ho, anche se per ora rimangono delle idee che sto valutando insieme ad altre persone. Sono più che altro in una fase di analisi e osservazione. Vedremo in futuro.