“Sà terr è ‘bbon sol p fa’ l matiun“, tradotto: “Questa terra è buona solo per fare i mattoni”. La terra è quella di risulta della terza vasca del Civeta, quella scavata per fare spazio alla discarica attualmente sotto sequestro che nel corso del tempo è franata invadendo i terreni agricoli sottostanti e arrivando fino alla strada.
Alfonso Bellano è il proprietario di uno degli appezzamenti tagliati in due dalla colata di fango. “Si tratta di una superficie di oltre 3mila metri quadri – dice a zonalocale.it – che da poco dopo la realizzazione della terza vasca, nel 2016, non posso più usare. Qui coltivavo grano, orzo, fave ecc.”.
Un danno non indifferente anche perché la colata, alta qualche metro, ha creato una barriera che impedisce di accedere alla porzione restante che confina con l’area del Civeta lasciata ora incolta. Nel corso del tempo Bellano si è rivolto a un legale, ma è ancora in attesa e da tre anni deve rinunciare a quell’area e nelle sue parole non manca l’amarezza per l’assenza di riscontri da parte dell’amministrazione comunale: “Probabilmente non sanno neanche che c’è stato questo problema”.
[ant_dx]Si tratta di una quantità enorme di terreno sbancato e ammucchiato sulla collina sovrastante che con le piogge è franata; un terreno argilloso che, ovviamente, non è possibile coltivare e andrebbe rimosso, ma a spese di chi? In diverse occasioni la ruspa è dovuta intervenire per liberare la strada sottostante bloccata dalla colata arrivata vicino a uno dei pozzi della Stogit. Oggi il fronte franoso incombe sulla fondovalle Cena, resterà così ancora qualche mese prima di rimettersi in cammino con le piogge.
Che la zona sia interessata da dissesto non è una novità. Gli ultimi a metterlo nero su bianco sono stati i tecnici del comitato Via regionale che nel preavviso di rigetto della maxi discarica proposta dalla Cupello Ambiente, tra le motivazioni, hanno evidenziato criticità ambientali nell’area del polo tecnologico del Civeta, tra le quali: “eventi franosi in atto” [LEGGI]. Uno smottamento è anche all’origine del danneggiamento della membrana protettiva della terza vasca [LEGGI].
Nella speranza di riavere la propria terra, Bellano ricorda nostalgicamente la vallata che fu: “Qui c’erano tutti campi coltivati. La mia famiglia ne aveva anche un altro al di là del torrente Cena. Quando lavoravamo nei campi non portavamo l’acqua, si beveva quella del torrente dove si metteva in fresco anche il vino”.
Tempi lontanissimi: il Cena oggi è uno dei fiumi più inquinati d’Abruzzo e da fine aprile la sua acqua non può essere usata perché vi è stata riscontrata la presenza di salmonella [LEGGI].