Uno spazio pubblico in piazzale Smargiassi che svolga “una funzione sociale fondamentale per la vivibilità, i rapporti sociali, la misura d’uomo” al posto di una quindicina degli attuali parcheggi. È la proposta elaborata dal movimento Ciclisti Urbani Vasto (CUV) [SCOPRI], comunità che promuove l’uso quotidiano delle due ruote e – più in generale – una città più vivibile.
“A Vasto, è innegabile, viviamo una pesante condizione di saturazione degli spazi occupati da cemento e automobili, crediamo che gli stessi spazi reclamino spazio! Una condizione che modella il pensiero collettivo alla mancanza di spazio per le persone ma alla necessita di spazio per le automobili in ogni modalità”, spiegano gli aderenti al CUV nella presentazione del progetto. Ed ecco perchè invocano una vera e propria riconversione urbana.
Oltre ai percorsi ciclabili in città – alcuni dei quali sono stati già sottoposti all’attenzione degli amministratori comunali – il CUV si sta interessando di spazi urbani, come quello pensato per piazzale Smargiassi, dove c’è un parcheggio “con una importante estensione che serve assieme ad altri parcheggi una zona ad alta densità abitativa e di servizi. Proprio per questo motivo (la alta densità abitativa) tutto il quartiere ha il bisogno di spazi pubblici che, ricordiamolo, svolgono una funzione sociale fondamentale per la vivibilità, i rapporti sociali, la misura d’uomo.
[ads_dx]Praticamente lo spazio pubblico c’è già ed è occupato dalle auto”, per un totale di 90 posti auto “in una condizione di traffico e di altri parcheggi circostanti (quelli in linea sulle carreggiate e quelli in altre aree adibite) completamente satura, e, in una condizione di saturazione in stile tetris, togliere 15 posti auto non comporta alcun danno, ovvero non si avvertirà la mancanza di questi 15 posti in meno”.
È stato pensato di ricavare “uno spazio pubblico di decompressione urbana che riporta le persone in città e le fa vivere la città uscendo da casa a piedi. I benefici di tali riconversioni non stiamo qui ad elencarli, ma pretendere spazi vitali che spettano ai cittadini è doveroso manifestarlo. Nelle rappresentazioni visive abbiamo solo montato elementi di arredo urbano con un sistema di sedute e punti ombra davvero semplice, ma estremamente funzionale e fruibile, nonché di alto valore estetico. Questo per dare l’idea di come con poco è possibile ottenere tantissimo in termini di qualità della vita urbana.
Molti pensano che per snellire il traffico o svuotare di più la città dalle auto sia necessario costruire ulteriori parcheggi (come tutt’ora accade), non sapendo, prima di tutto che il traffico è come un liquido, appena trova un nuovo sbocco lo riempie subito, si tratta semplicemente di un defluire e non di una riduzione. Infatti il traffico urbano è paragonabile ad un fluido continuo in pressione che circola all’interno di una rete di tubi, ed è solo costretto dagli spazi che gli vengono forniti, non è come una corda che ha un inizio ed una fine, immaginando di creare una sacca per farla più corta.
Il concetto è semplice, oltre che scientificamente provato da urbanisti di fama mondiale: più parcheggi fai e più incoraggi l’uso dell’auto con l’effetto contrario alla riduzione ma bensì ad un aumento del numero di auto circolati in una condizione che abbiamo descritto già come satura”.
Da qui la necessità di avere maggiori spazi pubblici, quei luoghi “che ti permetteno in sicurezza di fare diverse attività benefiche alla cittadinanza: socializzazione, relax, leggere, installare una biblioteca sociale, portare i bambini o anziani, utilizzare lo stesso spazio per iniziative come teatro per bimbi ed anche chi vuole fare un comizio per esporre delle problematiche a livello associativo.
Lo spazio pubblico è quindi un luogo di crescita antropologica dove le interazioni aumentano ad ogni livello. Se la città è priva di questi spazi di quartiere ci si limita ad uscire di casa solo per fare servizi, magari con l’auto, per poi rientrare, ma non abitare poi la città. Ricordiamoci che abbiamo almeno due case: una dove abitiamo con tutti i comfort che ci siamo configurati e un’altra, che è la casa pubblica, che dobbiamo abitare e deve essere a misura d’uomo per fruibilità e si chiama città”.