Non più di una settimana fa, ho avuto il piacere di visitare le ridenti cittadine di Cracovia e Varsavia con l’immancabile visita ai campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Fortunatamente viaggio spesso (mai quanto desidererei realmente), prima da solo, ora in compagnia della mia amorevole compagna. Prenotazioni on-line, sempre alla ricerca della prossima offerta. Ed eccoci stipati sul furgoncino Mercedes-Benz carico prevalentemente di altre coppie.Tutti Italiani che,come noi,alloggiavano a Cracovia. Direzione: “Museo” di Auschwitz. Come nel più tipico dei viaggi organizzati. 35 Euro.
Alla nostra visuale si palesano una serie di Hotel, Bar,concessionari,discrete abitazioni private etc. Tutto ciò,precede la fila di bus dalle dimensioni diverse, che come elefanti stazionano nell’aria di sosta loro riservata. Il tour sta per cominciare… Uniti alla carovana, composta da centinaia di persone provenienti da tutto il mondo, ci accingiamo a calpestare quella terra di fango e sangue, percorrendo i binari del “non ritorno” con le nostre scarpe da passeggio/trekking. Tutti muniti di abbigliamento tecnico e cappelli col pon-pon,sfidiamo il grande freddo.
Siamo alla ricerca dello scatto perfetto. Il filo spinato, l’orizzonte sconfinato dove si perdono gli alberi spogli e le baracche che coprono ettari ed ettari di terreno. Le immense montagne formate dai beni personali ritrovati (valigie,scarpe,pennelli da barba…). Un panorama vasto e desolato che neppure il più orrendo e perfido degli scrittori horror avrebbe mai immaginato.
Ascolto attonito le parole dirette e pungenti della nostra guida. Portavoce di una memoria che mi appare così perduta. E’ affranto. Lo leggo nei suoi occhi. Affranto nell’osservare quotidianamente quella carovana senza rispetto per ciò che egli rappresenta. Per ciò che quel luogo degli orrori rappresenta.
Un senso di depressione e spossatezza mi affligge. Il razzismo fa schifo!
Se non sarà mai un articolo ,un film o una testimonianza diretta; cosa smuoverà mai la coscienza?
La guerra è da un’altra parte. E’ in tv. Sui giornali. Non ci appartiene.
Siamo nati dalla parte del mondo fortunata noi. Fino a quando? Fino a quando nascere qui vorrà necessariamente dire: nascere nella parte fortunata del mondo?
Quei barconi. Milioni di morti ogni anno. La guerra non è qui. E’ da un’altra parte. Al di là del mare… Ma non ci appartiene.
Giordano Di Marco