Qual è il confine tra “legittimo” e “illegittimo”?
La Treccani ci viene in soccorso indicando che “legittimo” sia qualcosa di conforme alla Legge, qualcosa che rientri in pieno nei limiti che la Legge stessa abbia definito. Pertanto, immediatamente diventa “illegittimo” tutto ciò che fuoriesca da quei confini.
E cosa accade, allora, se una legge o una sua applicazione fosse sbagliata? È legittimo opporvisi?
Naturalmente sì, a patto di farlo nei modi e nelle sedi che sono stati previsti dal legislatore.
Faccio un esempio: se ricevessi una contravvenzione che ritenga errata, non potrei semplicemente cestinarla ma dovrei produrre la necessaria documentazione nei tempi indicati dalla lettera di accompagnamento per farla cassare, altrimenti verrei comunque perseguito nonostante abbia ragione. Ancora: se ritenessi (come ritengo) la legge elettorale vigente sbagliata, non è che potrei tranquillamente entrare nel seggio elettorale e votare secondo lo schema che io ritenga ottimale, perché, così facendo, non otterrei altro che un voto annullato; potrei, invece, proporre un ricorso nelle sedi adeguate per far valere le mie ragioni e lasciare che gli Organi competenti esprimano il loro parere, così come la Legge prescrive.
Questo vale per qualsiasi cittadino, a maggior ragione se un pubblico amministratore.
Accade invece che taluni sindaci, ritenendo anticostituzionale e, anzi, addirittura illegale il cosiddetto “Decreto Salvini”, abbiano deciso di loro iniziativa di non rispettarlo, nonostante sia legge vigente dello Stato.
Ora, non ho alcuna intenzione di entrare nel merito del decreto contestato (che, peraltro, non mi ispira particolari entusiasmi, tengo a precisare); non lo faccio perché il punto non è se questa sia una legge “giusta” o “ingiusta”, ma se sia legittimo disobbedirle se il cittadino la giudica negativamente.
Sfugge a questi signori che, in questo modo, loro stessi si pongono al di fuori della Legge, non rispettando di loro iniziativa una norma vigente e senza appellarsi a quegli Organi che la Costituzione ha creato proprio per dirimere questioni simili?
Non è, infatti, la loro opinione ad essere illegittima, ci mancherebbe: è illegittimo che intendano imporla senza che l’Alta Corte si sia espressa in merito, anzi direi quasi sostituendosi ad essa.
Perché, vedete, se passasse l’idea che un libero cittadino possa decidere in merito alla costituzionalità o meno di una legge, io ho già bell’e pronta una lista di leggi, regolamenti, norme e codicilli che sarei ben felice di non rispettare più: a partire dalla legge elettorale vigente (“una presa in giro alla Corte Costituzionale” l’ha definita qualcuno ben più importante di me), fino alle norme che mi obbligano a pagare in tasse e balzelli ben più della metà dei miei guadagni.
A meno che – ma la mia è solo una maligna supposizione – questa opposizione fiera non nasconda in realtà un altro concetto, più sottile: che cioè sia giusto puntare il petto contro leggi ingiuste, purchè fatte dagli altri.
Se così fosse, tutto questo baccano non avrebbe nulla di fiero o di libertario: sarebbe solo una farsa ad uso e consumo della plebe; un atto farisaico che non meriterebbe nemmeno uno sguardo sdegnoso.
“Infatti legano dei fardelli pesanti e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere osservati dagli uomini: infatti allargano le loro filatterie e allungano le frange dei loro mantelli; amano i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, i saluti nelle piazze ed essere chiamati dalla gente: “Rabbì!”. Ma voi non fatevi chiamare “Rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli”
(Matteo, 23, 4-7)