Un grido inascoltato. Una richiesta d’aiuto, lanciata nel mattino del 18 gennaio 2017 da un dipendente dell’Hotel Rigopiano, alcune ore prima della valanga che ha travolto il resort di Farindola. E’ quanto emerge dalle indagini, ormai in dirittura d’arrivo.
Ieri 23 familiari delle persone morte sotto la valanga hanno avuto un colloquio a palazzo di giustizia con il procuratore di Pescara, Massimiliano Serpi, e il sostituto procuratore Andrea Papalia.
“Siamo stati ricevuti per la terza volta dai due pm che stanno indagando sulla tragedia”, racconta Mario Tinari, papà di Jessica, morta a 24 anni sotto le macerie insieme al suo ragazzo, Marco Tanda.
“Abbiamo esposto loro alcuni dei nostri dubbi, chiedendo, ad esempio, se nelle indagini abbiano considerato la questione degli elicotteri che non sono stati mai chiamati e se abbiano riscontrato una richiesta di evacuazione proveniente da un cameriere in servizio nell’albergo, Gabriele D’Angelo, che aveva telefonato alla Croce rossa di Penne per chiedere di sgomberare l’hotel. I magistrati ci hanno rassicurato, dicendoci che è tutto nel fascicolo dell’inchiesta.
Le indagini sono quasi concluse, è questione di giorni. Fin dalla prima volta in cui abbiamo parlato con i pm – spiega Tinari – abbiamo notato il loro massimo impegno, non hanno tralasciato neanche una segnalazione”.