Secondo i giudici d’appello, non c’è l’aggravante della minorata difesa. È stata questa motivazione a determinare la riduzione della pena di Fabio Di Lello, il 35enne condannato in primo grado a trent’anni di carcere e in secondo a venti per l’omicidio di Vasto.
E’ quanto si evince dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila. Depositato il documento di una trentina di pagine in cui sono contenuti i motivi di fatto e di diritto che hanno portato i giudici del capoluogo a riformare parzialmente il verdetto di primo grado.
Il 1° febbraio del 2017 Di Lello aveva ucciso Italo D’Elisa, il 21enne che esattamente 7 mesi prima, il 1° luglio 2016, aveva causato la morte della moglie di Di Lello, Roberta Smargiassi, 34 anni, in un incidente stradale all’incrocio tra corso Mazzini e via Giulio Cesare.
Al termine del processo di primo grado, il 24 marzo 2017, la Corte d’Assise di Lanciano, presieduta da Marina Valente, aveva condannato l’ex calciatore a trent’anni di reclusione.
Nel processo d’Appello, l’accusa, rappresentata dal pm Pietro Mennini, aveva chiesto al collegio giudicante la conferma della pena comminata in primo grado all’imputato. La Corte, presieduta da Luigi Catelli, ha ridotto la pena a vent’anni, escludendo l’aggravante della minorata difesa. In giudizio, gli avvocati difensori hanno sostenuto che Di Lello si trovava in uno stato di grave depressione determinato dalla morte della consorte e diagnosticatogli in carcere, dove al trentacinquenne viene fornito costante sostegno di uno psicologo.
“Non commentiamo il verdetto”, si limita a dire l’avvocato Pierpaolo Andreoni che, insieme al suo collega Giuliano Milia, difende l’ex atleta. “Stiamo analizzando la sentenza, che è molto corposa e contiene numerose questioni di diritto. Poi valuteremo se presentare ricorso per Cassazione”.