“Era il capitano. Un capitano speciale, nel senso che, nel privato, conduceva una vita semplice, mentre in campo era un vulcano”.
Mario Maio è a Milano, quando viene a sapere della morte di Vincenzo Mileno, suo ex compagno di squadra degli anni d’oro della Pro Vasto: “Mannaggia. Che peccato. Sapevo che stava poco bene, mi dispiace”.
“Con lui – racconta l’ex mediano – ho giocato per quattro anni, due in serie D, culminati con la vittoria del campionato ’68-’69, e due in C. Poi mi infortunai e dovetti lasciare il calcio giocato”, ricorda Maio, che per diversi anni è stato anche collaboratore della Gazzetta dello Sport.
[mic_dx]”Già quando, nelle stagioni precedenti, ci avevo giocato contro, era stata una battaglia. Poi, quando venni alla Pro Vasto, fu contento di avermi in squadra. Di lui in campo si sentiva la presenza: era un trascinatore. Lo vedevi e lo seguivi. Era un esempio per chi, come me, era più giovane di lui. Fuori dal terreno di gioco – sottolinea Maio – era una persona semplice, umile, un padre di famiglia. Non l’ho mai sentito parlar male di qualcun altro. Io, più giovane di lui, da Cenzino Mileno ho imparato a dare tutto in mezzo al campo, sia nelle partite ufficiali che negli allenamenti. Era un capitano speciale”.