Il 17,6% che la Lega ha raggiunto il 4 marzo ha segnato l’inizio di una strategia ferrea contro l’immigrazione e di un linguaggio altrettanto fermo su alcuni temi come il rapporto con l’UE o la sicurezza. Nel frattempo però, è iniziata l’altra migrazione, quella di molti politici locali che hanno deciso di sposare i punti dell’agenda salviniana proponendosi di instaurare il modello Lega in Abruzzo. Questo processo ha finito per colpire anche il vastese, che oggi può vantare un suo segretario, e svariati politici locali, destando alcuni dubbi su un’adesione che arriva proprio in prossimità delle elezioni regionali. Abbiamo cercato di approfondire questo e altri punti con il sindaco di Cupello Manuele Marcovecchio.
Innanzitutto, perché l’adesione alla Lega?
Quando ho aderito alla Lega ho pubblicato un post su Facebook richiamando due figure che hanno ispirato molto la vita di mio padre: Alessandro Manzoni e Padre Pio. Il primo, nei Promessi Sposi, dice: “Uno il coraggio se non ce l’ha non se lo può dare”, a sottolineare che si è trattata comunque di scelta non semplice; il secondo, usava ripetere che “il perché ha rovinato il mondo”, a voler evidenziare che la mia è una scelta dettata anche dall’istinto, dal cuore.
Nel panorama attuale, la Lega mi ha dato molti spunti di carattere politico/amministrativo e, soprattutto, rappresenta una garanzia per diverse questioni cruciali che riguardano il futuro del nostro Paese. Ha posto al centro del dibattito alcuni temi decisivi ed è un movimento che più di altri ha lanciato delle sfide altrettanto decisive: i rapporti con l’UE, che vanno certamente riequilibrati, e mi pare che il messaggio sia già arrivato; il tema fiscale, perché siamo vicini al collasso e necessita una riforma di sistema; la sicurezza personale, e non mi riferisco solo alla legittima difesa, rispetto alla quale è arrivata una prima risposta con i recenti provvedimenti approvati dal Governo; la questione migranti, che non abbiamo per nulla gestito bene in questi anni, su cui la Lega ha acceso finalmente i riflettori e finalmente ottenuto un diverso atteggiamento da parte dell’Europa. Poi, la mia decisione di aderire al movimento di Salvini è derivata dalla constatazione che dove governa – e parliamo di tante Regioni, Province e Comuni – la Lega lo fa molto bene.
Ritengo, inoltre, che la Lega possa diventare, grazie anche ad un’ottima organizzazione interna, uno straordinario laboratorio per la formazione della classe dirigente, anche a livello locale. Per come l’avevo immaginata, e per quanto ho potuto constatare, la ritengo in grado di far crescere degli amministratori di qualità.
Sono stato a Pontida e ho conosciuto il Sindaco, seppure per caso: girava in bicicletta, controllava il traffico, assisteva le persone distribuendo l’acqua. Ho percepito una cultura civica diversa ma anche buona amministrazione, quella dell’efficienza e del servizio: lì c’è la Lega.
A Pontida ha notato ancora un astio nei confronti del sud o il tema è definitivamente sepolto?
Nessun astio; anzi. Con in testa il coordinatore regionale Beppe Bellachioma siamo arrivati nell’area dell’evento tra applausi e testimonianze di grande affetto. È chiaro che la Lega oramai ha un progetto nazionale e molte cose sono già cambiate. C’è ormai l’idea di esportare un modello di buona amministrazione in tutto il territorio nazionale.
Non pensa che il linguaggio di Salvini faccia leva su alcune categorie per trasformarle in capri espiatori?
Sul linguaggio, ognuno ha il suo. I toni si alzano e si abbassano in base alla propria indole e, soprattutto, al messaggio che si deve comunicare. Salvini alza giustamente i toni e fa la voce grossa quando ce n’è bisogno, e vivaddio c’è lui a farlo. I miei toni sono quelli che sono e non cambierò perché sono entrato nella Lega. Credo che il tema dei migranti sia estremamente serio e troppo sottovalutato negli ultimi anni – anche dall’opinione pubblica – e assolutamente non penso che sia utilizzato come capro espiatorio.
Durante la mia amministrazione ho visto che, al netto delle criticità di un flusso migratorio che è diventato insostenibile, ci sono costi sociali che coinvolgono anche le amministrazioni locali. L’immigrazione ha un costo che riguarda la prima accoglienza, le spese legali per i ricorsi, i sussidi, l’assistenza sanitaria. La stragrande maggioranza di chi arriva non ha diritto all’asilo – per gli accordi di Dublino – non venendo da luoghi di carestia o di guerra. Di questo siamo consapevoli? Arrivano i decreti di espulsione, poi i ricorsi fino alla Cassazione con sentenze pronunciate dopo tre o quattro anni, e intanto dei migranti non si ha più notizia. Lo dico con tutto il buon senso di uno che, come me, viene dal mondo cattolico e che quando ha visto la gente sulla Diciotti non è rimasto indifferente, ma questo tema andava finalmente affrontato in modo diverso.
Che parere ha sulla Diciotti?
Il muro contro muro era un modo per dire “stavolta è veramente l’ultima, dopodiché l’Europa deve darci risposte”. Tant’è che adesso c’è già stato un riequilibrio: bisognava fare la voce grossa, e mi sembra che tutto ciò sia servito a cambiare qualcosa.
Pensa che il suo linguaggio possa essere relazionato ai fatti di cronaca vastesi (i due pestaggi)?
No, assolutamente no. In questo caso c’è una strumentalizzazione al contrario, si vuole far passare il messaggio di “Salvini che alimenta l’odio”. Si costruiscono false preoccupazioni di ritorno ad ambienti xenofobi o fascisti, il che non esiste. Salvini si pone giustamente con toni fermi, perché quello che resta al centro è il problema, che è un problema.
Quindi l’adesione alla Lega è una questione di dedizione, ma c’è una strategia per le regionali?
L’adesione non è funzionale alle regionali. Ovvio: nella testa ruota anche questo tema e rifletto. In questo momento non posso dirti cosa farò e, soprattutto, cosa intendono fare i vertici del movimento, ma sto guardando con attenzione a quello che accade e ci sto pensando. Diciamo che dormo meno la notte da quando è stata fissata la data delle elezioni regionali.
Lei è cresciuto in un ambiente democristiano: quali analogie trovi tra quella destra e questa destra?
Lo schema destra/sinistra non esiste più: oramai esistono i temi, i movimenti, i diversi modi di osservare i problemi, cercare delle soluzioni e dare delle risposte. Ti posso dire che, dopo aver aderito alla Lega, diverse persone che avevano una militanza antica nel Partito Comunista mi hanno avvicinato per dirmi di condividere la mia scelta. Questo è per dirti quanto il vecchio schema sia oramai superato, il che per me è stata un’ulteriore spinta a fare delle scelte di campo.
Io ero, sono e sarò sempre Manuele Marcovecchio che ha una sua idea del mondo, che ha un suo modo di porsi e che amministra in una certa maniera, sperando di lasciare un segno del proprio impegno nella vita pubblica.
Cupello che ruolo avrà nel futuro Marcovecchio politico?
Cupello è il paese dove sono nato. Una volta, mentre ero consigliere a Vasto, qualcuno mi fece una domanda del tipo: “Sei di Cupello, come vivi questa dicotomia?” Gli ho detto – riprendendo una risposta dell’allenatore di pallavolo Velasco sul suo rapporto con Argentina e Italia – “Vasto è mia moglie, Cupello è mia madre”. Cogli tu la differenza.
Quali sono gli obiettivi della Lega alle prossime regionali?
La Lega sta già lavorando all’elaborazione di un programma. Ognuno di noi sarà chiamato a dare un contributo di idee. Io porterò all’interno una serie di istanze del nostro territorio per accendere i riflettori su temi importanti quali, ad esempio, la sanità, le infrastrutture, la gestione dei rifiuti e del servizio idrico, la buona agricoltura, i sistemi turistici, il sociale, le crisi occupazionali, le Zone Economiche Speciali (ZES).
Che critiche rivolge all’amministrazione D’Alfonso?
Ha dimenticato il nostro territorio, facendo tanti annunci e promesse mai rispettati. Anche del Master Plan si è fatto un gran parlare ma non mi sembra che siano stati fatti investimenti. E poi, con i vari commissariamenti (CIVETA, Consorzio di Bonifica), ha espropriato di fatto gli amministratori locali della governance degli Enti strumentali.