Di cosa parliamo – Un nuovo intervento nel dibattito innescato sui social network dal caco Faccetta Nera, finito ad agosto sulle cronache, non solo locali.
Piermario Angelini, studente di Scienze politiche e Relazioni internazionali, controreplica al segretario regionale del Partito comunista, Antonio Felice.
“L’Antifascismo è un valore espresso all’interno della Costituzione:
dovrebbe essere una peculiarità di ogni italiano, un suo dovere. Per
rispetto nei confronti della nostra Storia, di chi ha rinunciato alla sua
Vita per garantire al nostro Paese ogni tipo di libertà, ogni italiano DEVE
essere necessariamente Antifascista. Lo scopo della manifestazione
dell’ANPI, svoltasi il 24 Agosto, era questo. L’obiettivo del presidio era,
altresì, quello di condannare ogni tipo di violenza.
In seguito ad alcuni commenti estremisti ai quali si è assistito
personalmente (alcuni dei quali facevano espressamente richiamo ad una
delle pagine più oscure della Resistenza e della Sinistra italiana, quella
di Piazzale Loreto) ed in seguito all’esposizione di bandiere e simboli che
facevano richiamo ad ideologie niente affatto non-violente, si è reso vano
l’obiettivo di sensibilizzazione da parte del presidio. È di qualche giorno
fa l’intervento del Segretario Regionale del Partito Comunista, Antonio
Felice, il quale ha considerato l’equiparazione tra Fascismo e Comunismo
una mera provocazione ideologica. Si vuol precisare che L’ANPI rappresenta
un’associazione nazionale che non dipende da alcun tipo di parte politica
essendo, la Resistenza stessa, stata composta da attivisti e rappresentanti
di varie fazioni politiche e non esclusivamente di quelle fazioni di
carattere socialista e comunista (vi erano Liberali, Democristiani).
Segretario Antonio Felice, l’articolo precedente a questo più che una
‘requisitoria’ rappresentava un appello: un invito a non cedere
all’estremismo ed a non rispondere alla Violenza con la Violenza. Non si
può rispondere alla vicenda di ‘Faccetta Nera’ attraverso metodi
propagandistici oppure con commenti che contengano riferimenti ad altri
eventi violenti ed oscuri della nostra storia. Bisogna rispondere
sensibilizzando i cittadini in maniera del tutto pacifica ed a prescindere
dalle posizioni politiche: i giovani vastesi avrebbero preferito una
manifestazione esclusivamente ANPI e Sindacale, senza alcun tipo di
responsabilità politica di parte e senza alcun tipo di dimostrazione di
‘forza’, ma soltanto volto alla diffusione di un messaggio: ‘Noi non siamo come loro, non siamo come i fascisti’. Il passato deve restare alle nostre spalle.
‘Studiate perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza…’ –
Antonio Gramsci, 1919.
Gramsci fu un intellettuale, fondatore del Partito Comunista, che pagò con
il carcere duro la sua avversione al Fascismo. Da intellettuale elaborò
critiche nei confronti della società e della realtà di quel tempo, nonché
sul sistema educativo e scolastico che per Lui non rappresentava affatto un
fattore secondario: l’educazione è alla base dello sviluppo umano, dal
punto di vista morale ed intellettuale.
Per Sistema Educativo non intendeva quello convenzionale composto da un
Insegnante che spiega ed un Alunno che, passivamente, ascolta e ripete;
l’intellettuale diviene tale non solo grazie ad una formazione umana, a
prescindere dall’acquisizione di concetti, ma in seguito all’inclusione di
quanto appreso all’interno di una Propria interpretazione della realtà. E
ancora: immaginava, nelle sue riflessioni, una Scuola in cui lo Studente
dovesse studiare faticosamente al punto da potersi immettere nella Storia
in maniera del tutto autonoma; si tratta del concetto di ‘Scuola Creativa’
che non sta a significare la negazione della Storia, ma una revisione di
quel passato in termini nuovi. La Storia si distingue da ogni tipo di
formazione scolastica e politica e non può essere cancellata, anzi
necessita di essere approfondita perché solo ‘dalla revisione di quel
passato si possono trovare elementi utili al dibattito sull’odierna
riforma.’
Non vi è bisogno di generalizzare sul concetto di’ Scuola’ definendola come
volta alla ‘Mediocrazia’ poiché rappresenta un giudizio privo di analisi
critica e sociale.
‘Per studiare le leggi della Storia dobbiamo sostituire completamente
l’oggetto della nostra indagine; bisogna lasciar perdere i Re, i Ministri
ed i Generali e studiare quegli elementi omogenei ed infinitesimali che
condizionano il comportamento delle Masse.’ – Lev Tolstoj.
Proprio da questo studio di elementi omogenei, a prescindere dall’ideologia
di fondo, si parla di equiparazione del Fascismo o Nazismo, al Comunismo e
la loro eguale classificazione nel sistema delle forme di governo: dalla
capacità di far leva su utopie, problemi sociali e nemici comuni al fine di
ottenere vasti consensi. Bisogna partire dal presupposto, Segretario, che
proprio come il Nazismo ed il Fascismo, anche il Comunismo in Russia salì
al potere in seguito ad un’elezione Democratica, in piena continuità con il
sistema democratico per poi invertire completamente la rotta, in base alle
proprie esigenze di potere ed ai risultati ottenuti. Dopo la Rivoluzione
d’Ottobre a detenere il potere era il ‘Consiglio dei Commissari del Popolo’
istituito al fine di governare il Paese sino alle elezioni per l’Assemblea
Costituente. Le elezioni a Suffragio Universale si svolsero il 12 Novembre
1917 con un risultato avverso rispetto a quanto desiderato dai Bolscevichi,
che ottennero il 24% contro il 38% dei Socialisti Rivoluzionari. Il 5
Gennaio 1918 l’assemblea Costituente, dopo vari intralci elaborati
appositamente e dopo vari rinvii, si riunì per la prima seduta, ma fu
sciolta con la forza dai Bolscevichi che proclamarono la legge marziale,
istituirono i Tribunali Rivoluzionari del Popolo e posero fuorilegge
Giornali e Riviste: fu l’inizio del Regime, del Terrore Rosso.
Tale fase rappresenta la più grande distinzione tra la teoria di Marx ed
Engels sullo Stato Proletario, base del Socialismo, e quanto avvenne nella
realtà: la Dittatura del Popolo non fu affatto temporanea e volta alla
difesa della Rivoluzione, ma definitiva. Inoltre, secondo Marx ed Engels la
Rivoluzione Proletaria sarebbe dovuta nascere nei paesi più
industrializzati e non in un Paese così culturalmente ed economicamente
arretrato. Da qui, dal 1917, nasce anche la distinzione tra Socialismo e
Comunismo: il primo volto alla collettivizzazione dei mezzi di produzione e
ad uno stato di uguaglianza sociale tramite metodi pacifici (riconoscendo
le istituzioni, dunque tramite sindacati); il secondo con lo stesso fine,
ma tramite un mezzo d’attuazione violento e rivoluzionario, non
riconoscendo affatto le istituzioni. C’è di più: a causa di vari
personalismi la Dittatura in URSS divenne sempre più feroce; quindi… come
si può definire questo Regime come una ‘nuova forma di Democrazia’? La
Democrazia non ha bisogno di opprimere le Libertà di pensiero e di
espressione, non ha bisogno di porre fuori legge Riviste e Giornali e porsi
al di sopra della volontà del popolo.
Dunque la sostanza è la stessa: non è un padrone a sfruttare, ma uno stato
o una ‘fattoria collettiva’ a decidere quanto tu possa produrre e quanto tu
debba tenere per te: nel settore agricolo i contadini ‘ricchi’, i Kulaki,
furono definiti ‘nemici del popolo’ e perseguitati esattamente come i
contadini che decidevano di opporsi alle requisizioni ed al trasferimento
nelle fattorie collettive (alcuni di essi preferivano, appunto, macellare
subito il bestiame piuttosto che consegnarlo alle fattorie collettive).
Nelle fabbriche invece, ai comuni Responsabili erano affiancati Esponenti
del Pcus al fine di dettare il ritmo di produzione attraverso un regime
semi-militare. Si evidenzia che non sussiste alcuna differenza pratica, ma
meramente ideologica.
Il 24 Giugno del 1956 Pietro Nenni scrisse: ‘Ciò che sfugge a Chruscev ed
ai nostri Comunisti è che il rapporto mette in discussione non solo Stalin,
ma il Sistema Sovietico, lo Stato, il partito in sé e per sé, la Terza
Internazionale e pone in discussione lo stesso Lenin’. Di fatti proprio nel
1956 Chruscev, nuovo leader del Pcus, aveva presentato al XX Congresso del
Partito una pesante requisitoria nei confronti di Stalin denunciandone le
persecuzioni, gli internamenti ed i crimini vari, gettando l’intera
ideologia in una Crisi che avrebbe condotto direttamente al crollo del
Comunismo ed evidenziandone le maggiori contraddizioni. Nel 1956 si
verificò anche un altro evento che scosse il mondo Comunista: la
Rivoluzione di Budapest (per non citare la Rivoluzione degli operai di
Poznan). L’Ungheria, decisa a dar vita ad un sistema politico ed economico
più libero, attuò una serie di riforme, viste di cattivo occhio dal PCUS,
sino a giungere alla decisione di uscire dal Patto di Varsavia. L’URSS
reagì invadendo militarmente il Paese e sedando violentemente la rivolta:
fu la più grande dimostrazione di quanto il Comunismo fosse avverso alla
Liberalizzazione.
In questa invasione svolse un ruolo fondamentale anche il PCI: sebbene in
pubblico Palmiro Togliatti si definisse contrario all’intervento armato in
Ungheria, il 30 Ottobre del 1956 inviò una lettera al Comitato Centrale del
PCUS nella quale affermò che i fatti di Budapest avrebbero potuto causare
una spaccatura all’interno del PCI stesso e che la ‘direzione
reazionaria’ intrapresa con i fatti di Budapest avrebbe potuto lesionare
l’unità dello stesso PCUS, spingendo in direzione del definitivo intervento
armato. Togliatti ebbe anche una responsabilità nella condanna a morte di
Nagy chiedendo una sola cortesia: di rinviare l’esecuzione a dopo le
elezioni italiane del 25 maggio 1958. L’unico leader a pronunciarsi contro
la condanna, eseguita il 16 giugno, fu il polacco Gomulka. Il discorso
potrebbe minimamente variare se citassimo il PCI di Berlinguer, il quale
decise di tagliare quasi completamente il rapporto con il PCUS, sebbene
dipendesse da esso economicamente.
Potremmo citare un altro Partito Comunista, quello Cinese, che nel 1989 al
fine di sedare una rivolta di Studenti decise l’intervento armato in Piazza
Tienanmen causando lo sdegno di tutta la popolazione occidentale. Oppure
quello Cubano, la quale fuga dallo stato era pressoché impossibile,
esattamente come quei Regimi Comunisti che si instaurarono in Corea, nel
Laos e nella Cambogia.
La classificazione di Fascismo, Nazismo e Comunismo non dipende affatto da
considerazioni politiche di parte, caro segretario. Piuttosto da un’analisi
sociale e politica: vengono definiti ‘Regimi Totalitari’ quei Regimi che
puntavano al controllo totale dello Stato, in tutte le sue istituzioni ed
organizzazioni. Inoltre, rappresentano ideologie di tipo Reazionario, che
tentano di resistere ad un evento limitandone il più possibile gli
sviluppi: per il Fascismo ciò che era da evitare era la Libertà e la
Democrazia, in URSS, invece, ogni tipo di modernizzazione e
Liberalizzazione che avrebbe potuto interessare il Sistema Comunista. Ciò
che cambia è solo lo ‘scopo’ delle stesse, ma le peculiarità ed i metodi di
attuazione sono sempre gli stessi.
Per esprimere al meglio il concetto è necessario citare un altro
avvenimento: la costruzione del muro di Berlino che iniziò nel 1961. Il
muro, separando famiglie e vicini, avrebbe avuto l’obiettivo di evitare una
qualsiasi intromissione democratica nei Regimi dell’est ed evitare che la
popolazione di questi ultimi fuggisse via.
John Fitzgerald Kennedy affermò: ‘la Democrazia e la Libertà compiono degli
errori, non sono perfetti, ma noi non abbiamo mai dovuto costruire un muro
per impededire ai nostri cittadini di scappare via’.
Il Comunismo in Italia ha condotto ad una serie di conquiste che, sino ad
allora, si ritenevano impensabili (basti pensare al divorzio ed al Sistema
Sanitario Nazionale), ma ciò non toglie che la Storia ne condanni in
maniera inequivocabile l’ideologia di fondo e ciò non toglie che si sia
trattato di una formazione politica di carattere violento e oppressivo. Se
si parla, di fatti, del Comunismo Italiano di Berlinguer bisognerebbe
definirlo per lo più come un nuovo socialismo (il proseguo della Via
Italiana al Socialismo).
Signor segretario, in ultima analisi: difendere il proprio pensiero non
prevede la negazione della Storia, piuttosto la sua accettazione e la
volontà di volerne mutare il futuro. Sarebbe stato più comprensibile voler
‘rifondare il Comunismo’, voler educare maggiormente ai suoi valori i nuovi
giovani, indirizzarli verso l’ideale di uguaglianza e di non violenza che,
inizialmente, caratterizzavano il Socialismo. Dar vita ad un nuovo corso,
esattamente come fece la Chiesa dopo i suoi anni di buio. La Sinistra
italiana deve rifiutare quanto accaduto a Piazzale Loreto e deve rifiutare
ogni tipo di violenza, di simbolo e bandiera appartenenti al passato,
proprio perché espressione di un mondo più solidale e giusto. Fin quando
ciò non avverrà, il paragone sarà sempre verificabile. Intendo comunque
ringraziarla per il suo interessamento nei confronti di quanto da me
scritto, per la considerazione e per le complimentazioni nei miei
confronti”.