“La musica non è una cosa seria” recita un brano de Lo Stato Sociale. Forse effettivamente non lo è in quanto tale ma la sua importanza è imprescindibile se la si considera come veicolo di coinvolgimento e di protesta.
Dopo il grande successo di Sanremo, i componenti del gruppo bolognese, seppur giovani, stanno vivendo uno dei momenti più floridi della loro carriera. In questi anni hanno solcato i palchi di grandi piazze come il Primo Maggio o il Mediolanum Forum di Milano; ieri invece è stata la volta di un piccolo contesto, Cupello, con i suoi 5mila abitanti, per una sera diventato il centro del Vastese e non solo.
“Amo i concerti gratuiti, soprattutto quelli dove si può osservare anche dalle terrazze” ha detto Lodo Guenzi, il volto più conosciuto della band, rivolgendosi ai presenti della platea e dei balconi di Piazza Garibaldi subito dopo l’introduzione della serata. Da quell’istante il contatto con il pubblico è stato continuo e ininterrotto e lo testimoniano i numerosi stage diving verso la fine dell’esibizione, le innumerevoli volte in cui Guenzi è sceso tra il pubblico e i tentativi di dialoghi indiretti con i presenti che hanno dato l’impressione che Lo Stato Sociale stesse osservando ogni spettatore singolarmente.
Una vera e propria festa dunque, con un gruppo indemoniato sul palco, tanto da far cadere ripetutamente le aste dei microfoni trasformando i tecnici in una sorta di sesto membro. Dall’altra parte invece una piazza gremita, anzi, faremmo meglio a dire una bolgia che non si è risparmiata dall’intonare i brani più famosi della band né dalle proposte pervenute dal palco come è stato nel caso nella gara di resistenza durante Eri più bella come ipotesi.
Nella scaletta di quindici brani – considerando il medley/karaoke di Amori ai tempi dell’Ikea/Magari non è gay ma è aperto/Pop e così via come unicum – i bolognesi hanno attinto dai loro tre dischi scegliendo come leitmotiv della serata l’amore. Amore all’aperto, amore a tre, amore omosessuale: l’amore ritorna in tutte le sue forme e trova la sua apoteosi nel brano “Amarsi male” con il monito “Amatevi bene, amatevi male, amatevi come vi pare”. Un amore trasposto anche sull’amicizia che lega Albi, Checco, Lodo, Bebo e Carota da tanti anni.
Ridere per far riflettere è stato da sempre il grande obiettivo dell’approccio stilistico de Lo Stato Sociale. Durante le esperienze di Albi, Lodo e Bebo con la radio bolognese Città Fujiko sono stati in grado di costruire un linguaggio satirico e comico applicato al nostro scenario sociale e politico. Qui la musica si fa cosa seria ed esprime la protesta e, soprattutto, la ribellione. In Mi sono rotto il c…, alle spalle dei saltellanti musicisti dietro i synth, la consolle, la chitarra e il basso, passano in rassegna i primati negativi dell’Italia e i suoi stereotipi con gli italiani visti come popolo che si atteggia a svolgere ruoli che non gli competerebbero come quelli di allenatori di calcio o di cuochi.
Una protesta che si fa ancora più seria verso la chiusura del concerto, subito dopo il brano Abbiamo vinto la guerra, quando sul palco compaiono lettere che compongono la frase “Aldro vive” in ricordo di Federico Aldrovandi, ricordando sempre che “ognuno di noi avrebbe potuto essere lui”.
Ma il concerto non avrebbe mai potuto chiudersi senza Una vita in vacanza, la canzone della grande consacrazione (seconda al Festival della Canzone Italiana) da cui prende il nome questo tour. Una data rilevante per Cupello che, dopo il concerto di Max Gazzè, è tornato ad organizzare un evento di portata nazionale con il consueto appuntamento di Ordine Zero.
Alessandro Leone