Nella zona denominata “crocetta”, quella al centro tra la storica fontanella e lo stadio comunale, c’è un monumento entrato nella memoria dei cupellesi. Sopra vi sono stati incisi i nomi delle 106 vittime dei bombardamenti del 2 e 3 novembre 1943 durante la seconda guerra mondiale. Due giorni che hanno sconvolto per sempre la vita del paesino e con essa anche quella dei direttamente colpiti e delle loro famiglie.
Ancora oggi i superstiti raccontano quelle sensazioni. Ripararsi sotto mezzi di fortuna, perdere un amico o un familiare e poi soffrire in silenzio prestando la propria voce solo per condannare qualsiasi forma di violenza: questo è stato il compito di chi ha sofferto le atrocità della guerra in questa piccola realtà.
Pochi giorni prima del bombardamento, la situazione era questa: i tedeschi avevano in mano Cupello e i suoi cittadini, costretti alcuni a portare viveri alle truppe sul Trigno, altri a scavare con picconi e pale le trincee nella zona di Fossacesia. Gli alleati erano già sbarcati in Sicilia per risalire la penisola e vedevano in Cupello una base logistica con ottimo accesso sulla Statale n. 16 adriatica.
La XXVI Panzer Divisionen aveva già sostato a Cupello per controbattere all’avanzata inglese che con la V Armata Klarck, dopo lo sbarco a Salerno, si era stabilita sulla celeberrima linea Gustav ben rappresentata nel cimitero del Commonwealth (o Cimitero Inglese, come lo si chiama oggi) di Fossacesia.
Secondo quanto racconta Maria Mastrocola Dulbecco, stanziatasi a Cupello da San Salvo, i tedeschi sparirono improvvisamente lasciando l’idea che gli alleati stessero liberando il territorio. Tuttavia, sopra di lei i bombardieri si abbassarono iniziando ad attaccare la città dopo aver studiato le postazioni tedesche attraverso le foto scattate con gli aerei di ricognizione del giorno precedente.
Fu una strage. Il 2 novembre gli Spitfire attaccarono Cupello aprendo all’attacco dei bombardieri Lancaster a doppia fusoliera del giorno successivo. Quando gli inglesi fecero il loro ingresso il 5 novembre a Vasto poterono rendersi conto dell’entità di una tragedia fortuita e sfortunata. Nel tentativo di liberare una zona dal Nazismo hanno finito per essere loro i più nocivi e pericolosi.
Le 106 vittime restano lì impresse sul monumento. Oggi sulle panchine che lo costeggiando, molti anziani, alcuni dei quali hanno vissuto i bombardamenti, disquisiscono come in una sorta di circolo a cielo aperto. Di fronte ci sono un bar e una macelleria. Le persone bevono tranquillamente caffè o trangugiano una birra, forse alcuni di loro ignari di ciò che rappresenti quel vicino blocco di cemento, forse altri in contemplazione e in riflessione mentre lo osservano.
Alessandro Leone