Società “liquida”: così il grande sociologo Zygmunt Bauman ha definito la società in cui oggi viviamo. Una società ormai senza più certezze, punti di riferimento, valori assoluti. Una società individualista e sfrenata, dove l’incertezza è l’unica certezza. Anno dopo anno, questa società diventa sempre più liquida, oserei dire “gassosa”, dominata da un bisogno disperato degli individui senza più punti di riferimento: apparire a tutti i costi.
E così, con l’ausilio di quella macchina infernale che è rappresentata dai social media (i veri padroni della nostra sempre più fragile vita), le persone utilizzano il web per richiamare l’attenzione su di sé, per ottenere riconoscimenti e consensi, per conquistare la piazza virtuale, poco importa se la conquista avviene con notizie false, spesso scritte, per di più, in maniera totalmente sgrammaticata. L’obiettivo è uno solo: fare incetta di “mi piace”, sentirsi dire “sei un/una grande”, “sei bellissimo/a”, “sono con te”, “condivido”.
Accade così che politici e amministratori pubblici, anziché studiare e prepararsi alla complessa gestione della Res Publica, ormai passano molto del loro tempo a postare foto e messaggi su Facebook, Instagram e Twitter. Gli stessi luoghi virtuali dove genitori fanno dichiarazioni d’amore ai propri figli, fidanzati immortalano il loro amore a suon di selfie, signorine e giovanotti piacenti mettono in mostra quello che hanno, persone di una certa età si atteggiano ad adolescenti mai cresciuti, finti intellettuali dispensano finto sapere, “haters” scatenano l’odio sociale e l’inebetita piazza virtuale ne diffonde i contenuti.
È davvero una società strana quella in cui viviamo, una società in cui per sentirsi accettati bisogna raccattare consensi “social”, sentirsi “virtualmente” amati. E l’ipocrisia del web non conosce confini, come dimostrano i commenti che accompagnano le foto pubblicate nei social network: non si sa perché, un “sei bellissimo/a – siete bellissimi” non si nega a nessun amico o conoscente. Ora io mi chiedo: perché mai una persona dovrebbe essere per forza bellissima? Perché, se bella non sono, la perversa logica dell’accettazione mediatica impone che mi si dica “sei bellissima”? Perché questo dovrebbe gratificarmi?
Tra ipocrisia, fake news e odio sociale innescato ad arte, le nostre fragili esistenze stanno andando sempre più alla deriva, incapaci come siamo di capire che la vita vera è altro. Essa è, innanzitutto, passione per ciò che si fa, impegno nella quotidianità, rispetto per se stessi, per gli altri e per l’ambiente, silenzio interiore e, come direbbe Socrate, ricerca continua.
Oggi, invece, vivere sta sempre più significando postare e commentare sui social, come se la nostra e l’altrui esistenza si esaurissero nel rivendicare un posticino al falso sole del web, nel costruire un bel “reality fai da te” grazie al quale gli altri ci possono valutare per quello che appariamo, non certo per quello che siamo.