Entri nel negozio e trovi ancora tutto ciò di cui hai bisogno. In fondo, è così da sette decenni: quello che serve per la casa, da Mileno Regali c’è. Non sembra, eppure si avvicina la chiusura. E’ in corso a svendita totale.
Rino Mileno, ancora alle prese coi postumi del brutto incidente di undici mesi fa, ci accoglie col sorriso e la voglia di raccontare una storia che, probabilmente, inizia prima di quel 1951 stampato sull’insegna: “Secondo qualche cliente storico, il nostro negozio esisteva già prima della guerra”. La storia della sua famiglia è legata allo sport (da papà Cenzino, gloria calcistica della leggendaria Pro Vasto degli anni Sessanta-Settanta, al fratello Marco, che ha giocato nella serie A di calcio a 5, alla figlia Annalisa, che si sta facendo strada nel volley) e al commercio.
Quando inizia l’avventura di Mileno Regali?
“Nel dopoguerra, nonno Cesario aprì il suo negozio di casalinghi. Di fatto, fu la prima attività di questo tipo a Vasto. Poi, papà Vincenzo, che tutti a Vasto conoscono come Cenzino, lo ha trasformato in negozio di articoli da regalo, rinnovandolo. Dagli anni Novanta, lo abbiamo preso in mano io e mio fratello Marco. La sede storica era in via Vescovado, poi aprimmo un secondo punto vendita in via Giulio Cesare, che rimase aperto dal 1993 al 2003. Infine, nel 2013 ci siamo trasferiti qui in viale D’Annunzio. L’ultimo cambio di sede è stato necessario a causa della morte commerciale del centro storico. Purtroppo, da anni il borgo antico è deserto”.
Cosa ha rappresentato per te questo negozio?
“Io nel negozio sono cresciuto. Rappresenta il lavoro di tutta la famiglia. Attualmente, lo gestisco con mia sorella Manuela e mia figlia Roberta. Dopo nonno, papà e me, ormai siamo arrivati alla quarta generazione. Poche attività commerciali a Vasto sono state così longeve. Ricordo i tempi in cui, nei periodi natalizi, si chiudeva al volo, si cenava e poi si tornava in negozio per montare i giocattoli, i biliardini, in modo che fossero pronti per l’apertura. Era un’attività che coinvolgeva tutta la famiglia. Si lavorava tanto, occupando anche le domeniche e le ore successive alla cena”.
Perché vi siete trasferiti dalla vostra sede storica di via Vescovado?
“Col trascorrere degli anni, del centro storico si sono acuiti i difetti e non sono stati rafforzati i benefici, a partire dalla bellezza. Ci sono pochi parcheggi e viabilità scomoda. Non è stato fatto nulla per restituire vitalità. E’ come una pianta che, se non viene innaffiata, si secca. Già prima del 2000, il centro stava iniziando a spegnersi, ma comunque i clienti venivano da noi per la qualità dei prodotti e la serietà. E venivano non perché si stavano facendo una passeggiata in centro, ma per andare da Mileno. Ad esempio, nelle liste nozze eravamo leader. A Vasto le creammo noi negli anni Ottanta. Avevamo tutto ciò che potesse servire alle giovani coppie: dai servizi importanti allo stappa bottiglie. La tendenza attuale a regalare soldi agli sposi si è accentuata con la crisi. Quando c’era benessere, era diverso. Per questo, abbiamo cercato di variare l’offerta, puntando sull’oggettistica e sui complementi d’arredo. La nostra attività è sempre stata a gestione familiare, anche per questo si è retta fino ad oggi”.
Perché, dopo una settantina d’anni, Mileno Regali sta per chiudere?
“Man mano ci siamo accorti che, ormai, lavoravamo per tutti, tranne che per noi. Si parla tanto di pressione fiscale. Ecco, noi sappiano davvero cosa sia la pressione fiscale. Attualmente, un’attività che funziona, se è fortunata, riesce a coprire le spese: bisogna lavorare 12-13 ore al giorno solo per far tornare i conti. Quasi due terzi del ricavo se ne vanno con le tasse, cui vanno sommate le altre spese. Quando si arriva mensilmente al pareggio, si tira un sospiro di sollievo. Purtroppo, è una situazione generale. Esistono persino attività che non possono chiudere, perché non hanno la possibilità di coprire tutti i buchi, quindi vanno avanti, peggiorando ancor di più la loro condizione economica”.
Cosa è necessario fare per rilanciare il commercio?
[mic_dx]”La risposta è più semplice di quanto si possa pensare: bisogna abbassare la pressione fiscale. Prima le attività funzionavano perché c’erano meno tasse e incassi superiori. Ma dobbiamo aggiungere che, negli ultimi anni, la vendita è cambiata. Prima l’avvento della grande distribuzione, poi soprattutto il commercio su Internet hanno reso sempre più difficile gestire un’attività tradizionale. Stai in poltrona, vai su Internet e, dopo due giorni, ti arriva il prodotto che desideri a casa. Ma, spesso, il prezzo è maggiorato, se si pensa alle spese di trasporto. Sono paragoni che abbiamo fatto con nostri prodotti: alla fine, comprare su Internet spesso costa di più. La nuova clientela, inoltre, non instaura un rapporto di fiducia col negoziante. Proprio perché molti si affidano troppo a Internet e il negozio viene visto come un ripiego. Sta scomparendo il rapporto fiduciario e consolidato col negoziante: la clientela è diventata mordi e fuggi”.
Quando avete deciso di chiudere?
“Da un anno a questa parte. La morte di mia moglie e l’incidente stradale che ho avuto, mi sono serviti per fermarmi a riflettere. Non è stata certo una decisione piacevole. Forse è un gettare la spugna, dispiace sia a livello familiare che professionale, dopo essere arrivati alla quarta generazione.
Per me e la mia famiglia, questo negozio è stato tutto.
Ai nostri clienti, però, voglio rivolgere un saluto. Abbiamo servito tre generazioni. Tuttora qui entrano la nonna con la nipote. Ed è la nonna a guidare la nipote negli acquisti. Qualcuno, quando ha sapiuto che stiamo per chiudere, si è anche messo a piangere. Con tante persone, nel corso dei decenni, si è creato un rapporto di amicizia. Del resto, il negozio è anche questo: fermarsi a scambiare due chiacchiere. Non abbiamo mai tradito i nostri clienti. Ci dispiace più per loro che per noi”.