Non siamo figli del luogo in cui nasciamo, ma del tempo in cui viviamo e “ognuno è responsabile di ciò che è”.
Nei giorni in cui tornano alla ribalta i temi dell’identità e dell’immigrazione, che hanno avuto un ruolo importante anche nella campagna elettorale di marzo, lo storico Costantino Felice torna a criticare i luoghi comuni che ormai invadono giornamente il dibattito pubblico.
Lo fa nel corso di formazione che l’Ordine dei giornalisti tiene a Vasto, nella sala conferenze della Società operaia di mutuo soccorso, sul tema: “Mezzogiorno tra identità e storia: informazione e stereotipi”. Relatori, oltre al noto studioso, sono il presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, la giornalista Rai Maria Rosaria La Morgia e l’addetto stampa del Comune di San Salvo, Pino Cavuoti.
“In libreria circa la metà dei libri ha come tema l’identità”, fa notare Felice, secondo cui, nel corso degli anni, “c’è stato il tracollo della cultura, intesa come alta cultura, da cui viene fuori il collasso del sistema informazione e della politica”.
“Col terremoto dell’Aquila, c’è stata un’esplosione degli stereotipi identitari che non era mai accaduta nella storia d’Italia. Col G8 voluto da Berlusconi all’Aquila, l’Abruzzo è assurto su scala globale”, ma attraverso “delle banalità stomachevoli”.
“Ciascuno di noi – ammonisce lo storico – non è filius loci, ma filius temporis. L’identità è una costruzione storica. Ognuno è responsabile di ciò che è”.
Sono state le stesse opere letterarie a creare gli stereotipi sull’Abruzzo: “Fontamara è una mistificazione, una falsificazione storica. Questo non toglie nulla all’opera d’arte, che è un capolavoro letterario, ma una mistificazione storica”.