Dopo anni torna a riunirsi l’attivo unitario delle sigle sindacali della galassia Pilkington insieme alle rsu dello stabilimento principale e di quelli di Primo e Bravo. L’incontro stesso – tenutosi ieri pomeriggio al centro culturale “Aldo Moro” di San Salvo – è indice della serietà del momento e per evidenziarlo maggiormente il segretario provinciale della Cisl, Franco Zerra, ricorre a un parallelismo: “Ci troviamo in un momento di crisi storico come nei primi anni Settanta con l’introduzione del float (che consentì la salvezza di migliaia di posti di lavoro, nda) e nel ‘91/’92 con la vendita della Siv agli inglesi della Pilkington”.
In visita al grande malato sono arrivati i vertici regionali e provinciali Leo Malandra (Cisl Abruzzo/Molise), Carlo Petaccia (Cgil Abruzzo) e Germano Di Laudo (Cgil provinciale), oltre al già citato Zerra e ai rappresentanti del territorio: Emilio Di Cola (Filctem Cgil), Arnaldo Schioppa (Uiltec Uil), Andrea D’Elisa (rsu) e Domenico Ranieri (Cobas).
CONSAPEVOLEZZA DEL RISCHIO – Di fronte alla crisi del colosso del vetro pare non ci sia ancora la piena consapevolezza del rischio da parte dei circa 2mila lavoratori. “Sento dire in giro che è tutta una manovra come altre volte – ha detto Zerra – ma badate bene che non si sta giocando. Nelle assemblee con i lavoratori della prossima settimana dovete dire chiaramente qual è il rischio e che se non ce la risolviamo noi, non lo farà nessuno”.
[ant_dx]E qual è il rischio? È un numero che fa paura: 800 esuberi nel 2020/2021. 800 dipendenti che corrispondono a poco meno del 50% dell’attuale forza lavoro, un dramma per il Vastese. “Non sto facendo terrorismo psicologico – ha continuato Zerra – Senza investimenti il futuro di San Salvo è di 800 esuberi nel giro di due-tre anni. Accadrà quello che è successo in altre realtà come la Saint Gobain che ha chiuso alcuni stabilimenti”.
I PROBLEMI – Nell’immediato ci sono gli altri “noti” 140 esuberi per i quali a luglio potrebbe scattare la procedura di licenziamento collettivo, poi c’è il “nodo ammortizzatori sociali” in scadenza il 24 settembre. “Ho l’impressione – ha continuato il sindacalista della Cisl – che ci si sta fossilizzando sulla fine della solidarietà. Il primo grande problema è che non c’è business: non si riescono a vincere commesse perché non ci sono impianti adatti per vincerle e ho il sospetto che alcune lavorazioni siano già andate altrove. Oggi la Pilkington è in grado di vincere alcune commesse solo con lo stabilimento della Polonia”. Il riferimento è ad esempio ai vetri laterali laminati attualmente prodotti fuori dall’Italia.
“L’altro problema è quello dei numeri. Nonostante i progetti in campo, il numero degli attuali esuberi è continuato a salire a ogni operazione; su questo numero avrebbero poi dovuto influire anche le morti, i pensionamenti e i licenziamenti. Così non è stato”.
LE RICHIESTE – L’impressione è che stia giungendo al termine una lunga fase di idillio (o quasi) tra sindacati e azienda. “È ora di mandare messaggi di diversa natura all’azienda. Per rialzare le sorti dell’area Temperato, i lavoratori producono in 3 settimane la quantità di vetro prima fatta in un mese. Ora è il momento di chiedere alla società un occhio di riguardo per quello che abbiamo dato e continuiamo a dare all’azienda”.
Le richieste sono soprattutto due: investimenti innovativi in tecnologia e ricarico degli impianti a 4 turni. Lo stabilimento sansalvese era tra i prediletti della Nsg nell’implementazione di nuove linee, oggi non è così: “In Polonia ci sono macchine che qui non abbiamo. Da oggi il management deve mettere nero su bianco gli investimenti che intende fare, finora non è accaduto e alle parole non sono seguiti i fatti”.
Nella concorrenza interna con la Polonia (senza contare quella esterna della società cinese che ha investito in Germania), inoltre, c’è l’altro grande tema del costo del lavoro: 28 euro a ora a persona nella Pilkington di San Salvo, 21 alla Bravo, 7 euro nello stabilimento polacco. Un confronto perso in partenza.
L’obiettivo è prevenire, ma Zerra non ha esitato a parlare di una futura “gestione del dramma” se le prospettive poco rosee dovessero avverarsi. “Chiediamo per questo – ha incalzato – anche un piano sociale da parte della Nsg: come accade per altre multinazionali, bisogna mettere dei fondi a disposizione per la ricaduta sociale di eventuali licenziamenti”.
UNITÀ – “Oggi è importantassima l’unità sindacale – ha detto Di Cola (Filctem Cgil) rivolgendosi alle rsu – Dite ai lavoratori chiaramente cosa sta accadendo, cioè che si rischia quasi il 50% di esuberi. Questa è una vertenza del territorio. Gli eventuali licenziamenti collettivi di luglio riguarderanno soprattutto gli ultimi stabilizzati entrati nel 2010: giovani con già 8 anni di esperienza alle spalle“.
Lunedì e martedì prossimi si terranno le assemblee di fabbrica. “I lavoratori saranno informati della situazione e saranno chiamati a darci il mandato sul da farsi. Da oggi i nostri rapporti con l’azienda cambiano“.