Si è conclusa ieri la rassegna degli Scenari diVersi organizzata dal Centro Europeo di studi Rossettiani in occasione della decima edizione degli ormai celebri “Giovedì Rossettiani“. L’ultima emozionante serata di “poesia a teatro” ha visto come protagonista Giorgio Pasotti con il suo spettacolo “Forza, il meglio è passato“, per la regia di Davide Cavuti.
Uno spettacolo originale e fuori dagli schemi, che, come ha tenuto a precisare lo stesso Pasotti, porta in scena un nuovo concetto di teatro, che vuole annullare l’inevitabile distacco che ha da sempre diviso gli attori dagli spettatori trasmettendo la passione per il teatro anche a quelle nuove generazioni di giovani e studenti che il teatro non lo amano, o ancor peggio, non lo conoscono. Partendo proprio dai testi classici, la cui lettura e interpretazione può e deve essere privata dell’enfasi che ha caratterizzato un teatro “vecchio stampo”, richiede,secondo Pasotti, un ammodernamento tale da farlo divenire un teatro a portata di tutti.
[ads_dx]Pasotti è mirabile interprete di questa rivoluzione teatrale, con una lettura moderna e rinnovata di testi classici e non. Dall’Amleto di Shakespeare, al romantico scambio epistolare tra Gabriele D’Annunzio e la Duse, sino all’ironia di Stefano Benni con il componimento “Le piccole cose” che denuncia una situazione di fatto diffusa nella società moderna, nella quale tutto va consumandosi in fretta, anche l’amore.
Non può mancare un omaggio alla Commedia dell’arte, al teatro dell’improvvisazione, al teatro definito eretico, al teatro bandito, al teatro per così dire buffonesco, alla commedia delle maschere come l’Arlecchino del grande Ferruccio Soleri, una maschera sempre meno valorizzata, a cui è stato dedicato un solo film il cui protagonista è stato proprio Giorgio Pasotti. “Io, Arlecchino” è un film nato come un racconto delicato ma privo di guizzi, di sorprese e di quell’energia vitale che caratterizza da sempre il buffone goldoniano.
“L’uomo dal fiore in bocca”, atto unico di Pirandello, è l’esempio di dramma borghese nel quale convergono i temi dell’incomunicabilità e della relatività della realtà, temi che uniscono tutte le storie raccontate da Pasotti per cogliere gli aspetti della vita dell’uomo, le contraddizioni dell’individuo, i dolori, il destino, messi scena con ironia e con profonda analisi dell’umano.
Pasotti saluta il suo pubblico con un mai banale inno alla vita, facendo sue le parole di Madre Teresa di Calcutta. Uno spettacolo intenso, intriso di sfumature tragiche e umoristiche, che porta in scena la poesia, riscopre il valore del verso poetico attraverso una simbiosi magica in cui lettura e scrittura diventano recitazione.
Francesca Liberatore