”Nella nostra breve esperienza ci siamo resi conto che spesso, ai problemi di salute, si aggiungono situazioni di disagio sociale ed economico. Incontriamo persone che spesso si trascurano, che non acquistano farmaci o non fanno esami perché non hanno soldi, e questo è inaccettabile e insopportabile per una società che si definisce civile”.
Inizia così la lettera che tre medici di Frattamaggiore, Provincia di Napoli, hanno inviato ai loro cinquemila pazienti. Da questa premessa, i dottori Luigi Costanzo, Luigi e Francesco Del Prete hanno sollecitato i propri assistiti a donare una parte del proprio ticket sanitario per promuovere un fondo a favore dei cittadini bisognosi che, non beneficiando di esenzioni per alcune prestazioni mediche, sono costretti a farne a meno.
Funziona così: i tre medici, invece di riscuotere le somme dovute, così come previsto dalla legge per determinate prestazioni, vi rinunciano e sollecitano i loro assistiti a versare un contributo, a piacere e in forma anonima, in un fondo comune da cui attingere per far fronte ai bisogni individuali di altri pazienti che, trovandosi in condizioni di grave difficoltà economica, non possono permettersi neanche indispensabili esami diagnostici, quali, ad esempio, TAC, radiografie o acquisto di farmaci.
Ai più, sembra impossibile si possano verificare situazioni personali di questo tipo, che ci sia chi versa in condizioni economiche talmente difficili da dover rinunciare ai più basilari interventi sanitari, oltretutto in uno Stato sedicente civile la cui Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Eppure tant’è.
Potrebbe valere la pena cogliere un esempio del genere, soprattutto in un momento in cui il Sistema Sanitario non appare in grado di soddisfare le elementari esigenze di quella parte di popolazione costretta a sacrificare persino la dignità. Per trovarne motivo, basterebbe riferirsi alle semplici norme di diritto naturale quale sistema di regole condivise dagli esseri umani in grado di comprendere i valori alla base della convivenza civile.
I principi contenuti nel Codice deontologico, Carta su cui i medici prestano giuramento, sono quelli che dovrebbero sovraintendere, oltre ogni norma finanziaria e sistema organizzato, all’attività sanitaria, attenendosi ai principi etici della solidarietà umana: “Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell’Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza discriminazioni di età, di sesso, di razza, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace come in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”.
Forse non è un caso che esempi come quello del “Ticket sospeso” provengano dal Meridione d’Italia, dalla tradizione e dallo spirito sociale napoletani a cui, a volte, potrebbero ispirarsi gli operatori della politica amministrativa regionale, troppo attenti agli equilibrismi finanziari in forza dei quali, molto spesso, sacrificano proprio quegli aspetti riferiti alla sanità pubblica ed alla sua organizzazione sul territorio.
L’acquisizione del consenso passa, innanzitutto, per il soddisfacimento dei bisogni primari della popolazione. Al tempo stesso, non può essere prodotta dalla strumentalizzazione per le mancate risposte ai medesimi bisogni primari, alimentando, per di più, costanti suggestioni perpetuate nel tempo.
La risposta dei tre medici napoletani ad una sempre più diffusa necessità è esempio e dimostrazione di come sia possibile, facendo qualcosa, limitare gli egoismi, non farsi condizionare dalle speculazioni e sentirsi parte di una Comunità.