“La pagina più brutta della storia dell’umanità è stata originata non solo dal male dell’odio, ma anche dal male dell’indifferenza, che anche oggi è diffuso tra noi come un virus. Spacca le famiglie, divide le comunità, logora le società, le distoglie dalla ricerca del bene comune”. È il sindaco di Vasto Francesco Menna a concludere le celebrazioni nel Giorno della Memoria a Vasto Marina, dove al tempo delle leggi razziali c’era il campo d’internamento Istonio.
Il momento di ricordo delle vittime della Shoah, nel giorno in cui il campo di Auschwitz fu liberato nel 1945, è iniziato con la deposizione di una corona d’alloro ai piedi della targa che ricorda il campo Istonio e le persone per cui quella fu l’ultima residenza conosciuta. Alla cerimonia hanno preso parte i rappresentanti dell’amministrazione comunale, l’Anpi, le associazioni combattentistiche e d’arma e una rappresentanza di studenti delle scuole vastesi.
[ads_dx]I bambini della scuola primaria Sant’Antonio in San Lorenzo, della Nuova Direzione Didattica, hanno poi letto dei pensieri sia sulla Shoah che sul tema del razzismo, seguiti dall’intervento della scuola media Rossetti. Tre studentesse dell’Itset Palizzi hanno invece dato voce ai pensieri di Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto, nominata senatrice a vita lo scorso 19 gennaio dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Anche il primo cittadino, nel suo intervento, ha voluto rendere omaggio a Liliana Segre, riportando le sue parole in occasione di un incontro con gli studenti. “Noi eravamo sbalordite, con i nostri occhi, con la nostra debolezza, con le gambe che non reggevano più, vedevamo la storia che cambiava davanti a noi ed era una visione apocalittica, straordinaria, incredibile. I nazisti buttavano via quella divisa che aveva terrorizzato gli eserciti di tutta Europa; quando anche il comandante di quell’ultimo campo vicino a me buttò la divisa sul fosso, la sua pistola cadde ai miei piedi ed io ebbi la tentazione fortissima di prenderla e sparargli.
Io avevo odiato, avevo sofferto tanto, sognavo la vendetta: quando vidi quella pistola ai miei piedi, pensai di chinarmi, prendere la pistola e sparargli. Mi sembrava un giusto finale di quella storia, ma capii di esser tanto diversa dal mio assassino, che la mia scelta di vita non si poteva assolutamente coniugare con la teoria dell’odio e del fanatismo nazista; io, nella mia debolezza estrema, ero molto più forte del mio assassino: non avrei mai potuto raccogliere quella pistola, e da quel momento sono stata libera.
Vedemmo arrivare gli americani e fu una visione festosa, incredibile. Furono dei giorni particolari, i primi in cui potemmo tornare ad assaporare il dolce sapore della felicità; poi passarono quattro mesi prima di essere divisi a seconda della nazionalità, e sempre gli americani ci organizzarono per farci tornare nelle nostre case. Quando arrivai a Milano, la mia casa era chiusa.
Spero che almeno uno di quelli che hanno ascoltato oggi questi ricordi di vita vissuta li imprima nella sua memoria e li trasmetta agli altri, perché quando nessuna delle nostre voci si alzerà a dire io mi ricordo, ci sia qualcuno che abbia raccolto questo messaggio di vita e faccia sì che 6 milioni di persone non siano morte invano per la sola colpa di essere nate, se no tutto questo potrà avvenire nuovamente, in altre forme, con altri nomi, in altri luoghi, per altri motivi. Ma se ogni tanto qualcuno sarà candela accesa e viva della memoria, la speranza del bene e della pace sarà più forte del fanatismo e dell’odio dei nostri assassini“.