Nel 1991, dal 7 a 9 giugno, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino parteciparono al XXI Convegno dell’Associazione nazionale Magistrati che fu ospitato dal Tribunale di Vasto e in, quella occasione, Borsellino tenne anche una relazione sul tema “Le riforme e l’autonomia e indipendenza del Pubblico Ministero”. Un anno dopo, a poche settimane di distanza, i due vennero uccisi dalla mafia nelle stragi di Capaci e via D’Amelio. A 25 anni da quei tragici eventi l’Ordine degli Avvocati di Vasto ha voluto nuovamente ricordare, come già fatto con l’intitolazione dei giardini di palazzo di giustizia [LEGGI], con una targa, che li ritrae assieme, nell’aula che li vide in assemblea insieme a tanti colleghi magistrati e avvocati. E, nell’occasione, sono stati presentati i volumi che il Consiglio Superiore della Magistratura ha dedicato ai due magistrati pubblicando un corposo numero di documenti, moti dei quali inediti, che documentano il loro rapporto con il CSM.
L’incontro, nell’aula magna del tribunale, è stato moderato da Anna Paola Sabatini, direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale del Molise, e aperto dai saluti del sindaco di Vasto, Francesco Menna, e dal presidente dell’ordine forense di Vasto, Vittorio Melone, che nel corso dello scorso anno ha promosso molte interessanti iniziative per la promozione della cultura della legalità coinvolgendo decine di stud
enti delle scuole cittadine.
[ads_dx]“Grazie perchè da questo banco ci date l’occasione di avere una visione su un futuro bello“, ha detto rivolgendosi ai ragazzi il Procuratore della Repubblica Giampiero Di Florio che ha aperto gli interventi. “Vedere le vostre facce pulite ci rincuora e ci è di forte stimolo”. Parlando dei due magistrati ha ricordato che “la loro è stata una vita colma di amore verso le istituzioni. Il loro sacrificio era noto a tutti – ha sottolineato il Procuratore – anche quando una parte della politica aveva delegato alla magistratura la lota alle mafie”. Per Di Florio “Falcone e Borsellino sono eroi della nostra storia, della storia contemporanea e del nostro Stato”. Ripensando agli anni della loro morte ha ricordato come “la mia generazione si è ispirata a Giovanni e Paolo. Hanno sacrificato gli affetti, con una vita di clausura, chiusi nei bunker o spediti su un’isola deserta”.
Ha citato Antonino Caponnetto, padre del pool antimafia, il sottosegretario alla giustizia Federica Chiavaroli. “La mafia ha paura più della scuola che della stessa giustizia“, ha detto ai ragazzi. “Nel nostro Paese poco si può fare con le leggi, per cui c’è sempre il modo di aggirare, ma serve parlare ai giovani, per far crescere la cultura della legalità. Quando si vede qualcosa di storto bisogna sfondare il muro dell’omertà“. Ha ricordato una frase di Falcone, “perchè la società vada meglio è sufficiente che ognuno faccia il proprio dovere”, esortando poi gli studenti a “difendere il vostro futuro”.
Nel suo intervento il presidente del tribunale Bruno Giangiacomo ha sottolineato come “questi due magistrati hanno rappresentato un simbolo della legalità a livello mondiale” e “sono stati due magistrati che hanno immolato la loro vita per lo Stato”. Tornando indietro con la memoria ai tempi della loro preziosa attività in Sicilia, Giangiacomo ha detto che “il maxi-processo è stato il più grande processo alla criminalità organizzata nel mondo” ed evidenziato come “Falcone e Borsellino hanno sempre creduto che l’apparato giudiziario da solo può risolvere pochi problemi”.
A chiudere gli interventi è stato Giovanni Legnini, vicepresidente del CSM, che ha curato le due pubblicazioni di cui ha fatto dono ai rappresentanti istituzionali e ai rappresentanti dei quattro istituti scolastici coinvolti nel percorso di legalità promosso dall’Ordine degli Avvocati: il Polo Liceale Mattioli, il Polo Liceale Pantini Pudente, l’Itset Palizzi e l’Istituto Comprensivo Rossetti. Legnini ha poi illustrato le motivazioni che hanno portato alla pubblicazione dei volumi che mostrano il rapporto di Falcone e Borsellino con il CSM e “danno un contributo non formale alla ricostruzione dei mesi da Capaci a via D’Amelio”. Per Legnini “ci hanno lasciato una grande eredità nelle modalità di lavoro, negli strumenti utilizzati per contrastare la mafia che si sorono rivelati validi ed efficaci. A loro dobbiamo guardare ancora oggi per continuare con grande impulso il contrasto alla criminalità organizzata”.